Coronavirus, il sindaco di Nembro: «Sconcerta il rimpallo di responsabilità tra Governo e Regione, potevano intervenire entrambi»
Non si placa la polemica tra governo e regione Lombardia sulla mancata istituzione di una zona rossa tra Alzano e Nembro, comuni martoriati dal Coronavirus, già ai primi di marzo. Prima il premier che scarica la responsabilità sul governatore lombardo, poi l’assessore alla Sanità lombardo Giulio Gallera che dice: «Aspettavamo il governo e siamo rimasti con il cerino in mano». Un botta e risposta nel quale si inserisce anche Claudio Cancelli, sindaco di Nembro, comune della Bergamasca.
Le parole del sindaco di Nembro
«Credo che il cittadino non possa che rimanere sconcertato dal continuo rimpallo di responsabilità tra Regione e Governo che, invece, dovrebbero garantire la sicurezza della nostra salute», ha dichiarato il primo cittadino. Raggiunto al telefono dall’Ansa, ha spiegato: «I problemi sanitari sono di competenza concorrente. Entrambi sono titolari di azioni e quindi potevano, e secondo me dovevano, intervenire. Immagini lei, se uno in ospedale sente litigare il primario con l’aiuto su cosa fare mentre è a letto ammalato. Di certo non si sentirebbe molto sicuro e si potrebbe dire anche che né il primario né l’aiuto rispettano la propria deontologia professionale». «Noi sindaci – ha aggiunto – siamo impegnati a lavorare, siamo sul fronte, anche perché adesso sta esplodendo pure l’emergenza socio-economica. Il tema della zona rossa e il dibattito sugli errori sarà da fare in seguito. Ci interesserà dopo».
A Bergamo «64 mila contagi e oltre 3mila morti»
Intanto sono agghiaccianti i dati che emergono da un’indagine conoscitiva – basata su dati richiesti ai medici di famiglia – dell’Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri della provincia di Bergamo. Secondo questa analisi, ci sarebbero oltre 64mila casi di contagi e oltre 3mila morti per Covid-19.
I numeri ufficiali, quindi, sarebbero «largamente sottostimati per vari motivi, in primis la mancanza di esecuzione di test a tappeto». A ieri, 6 aprile, la Protezione civile riportava di 9.815 contagiati. Molti, infatti, sarebbero morti senza sapere se fossero, o meno, positivi al Covid-19. Per questa ragione l’Ordine ha invitato i medici di famiglia «a estrarre dagli archivi dei loro assistiti le informazioni relative» ai loro pazienti e di farlo considerando «come affetti da Covid-19 i malati che presentassero una serie di sintomi tipici, anche in assenza di tampone».
Un’indagine – che ha «un certo grado di imprecisione delle stime», anche perché riguarda pazienti da 14 anni in su – alla quale hanno preso parte 65 medici di famiglia, sparsi per tutta la provincia, per un totale di oltre 96mila assistiti. Secondo questi dati, «il 6,7% dei pazienti ha in atto o ha avuto l’infezione da Covid-19, compresi guariti e deceduti, mentre secondo i dati ufficiali, limitati a chi ha eseguito un tampone, saremmo allo 0,86%».
La stima, alla data del 4 aprile, per la provincia di Bergamo, è di un numero totale di 64.461 contagi, con un margine di errore di «1.750 casi (in più o in meno)». I pazienti assistiti a casa sarebbero «17.431» e «i deceduti in media lo 0.3%» per un totale di 3.019 morti.
Foto in copertina di repertorio: Ansa
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