Coronavirus e 5G. Le teorie, gli studi e il dibattito scientifico che non c’è
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Visto che continuano ad arrivarci segnalazioni su nuove tesi di complotto che vedono la rete 5G collegata alla pandemia di Covid-19, qui di seguito mostreremo un riepilogo di un movimento esistente fin da prima che comparisse a Wuhan il SARS-CoV2, già interessato da varie tesi cospirazioniste, in particolare su una sua presunta ingegnerizzazione.
Sul 5G che incrementerebbe la pandemia si legge davvero di tutto. Tralasceremo tesi le più assurde, dove si chiama in causa persino un filosofo esoterista del Secolo scorso, con palesi lacune in biologia.
Purtroppo si tratta di un fenomeno mediatico difficile da ignorare. Tra i guru di questa credenza troviamo personaggi che sostenevano già le tesi riguardo un presunto collegamento tra cellulari e cancro. C’è anche chi all’estero ha pensato bene di sabotare le antenne della telefonia mobile, causando potenziali danni di comunicazione in piena emergenza sanitaria.
Infine, è stato esaltato un evento previsto al Parlamento europeo, dove i rappresentanti dei movimenti contro il 5G avrebbero dovuto presentare le ragioni per cui, l’implementazione della Rete causerebbe problemi ambientali e di salute.
Tra i principali sostenitori in Italia del collegamento tra 5G e Coronavirus troviamo il comitato Stop 5G, il cui presidente è Maurizio Martucci, il quale invocava in tempi non sospetti «il principio di precauzione per tutelare la salute dei cittadini», a proposito di presunti collegamenti con alcuni tipi di tumori.
I principali studi contro il 5G
I principali studi a sostegno delle tesi contro il 5G sono due: quello dell’Istituto Ramazzini di Bologna e del National toxicology program (Ntp). Il primo si basa su una sperimentazione effettuata su 2448 cavie:
«Ratti Sprague-Dawley maschi e femmine sono stati esposti dalla vita prenatale fino alla morte naturale a un campo lontano GSM a 1,8 GHz di 0, 5, 25, 50 V / m – riportano i ricercatori nello studio – con un’esposizione a tutto il corpo per 19 ore al giorno».
Le conclusioni sono tuttavia per niente significative:
«Un aumento dell’incidenza di tumori gliali maligni è stato osservato nei ratti trattati alla massima dose (50 V / m), sebbene non statisticamente significativa».
Lo stesso discorso vale per il secondo studio, contando il fatto che non si basa né sul 4 né sul 5G. Vale a dire che tiene conto di generazioni già in uso nel Mondo, senza che questo abbia portato a un incremento significativo delle patologie ritenute collegate:
«Gli animali sono stati alloggiati in camere appositamente progettate e costruite per questi studi – precisano i ricercatori americani – L’esposizione alla RFR è iniziata nell’utero per i ratti e tra 5 e 6 settimane per i topi, e è continuata per un massimo di due anni, o per gran parte della loro vita naturale […] Queste ricerche non hanno studiato i tipi di RFR utilizzati per le reti Wi-Fi o 5G».
Perché le radiazioni non ionizzanti dei cellulari sono sicure
In generale sui presunti effetti avversi dei campi elettromagnetici sono stati fatti numerosi studi, dagli anni ’60 a oggi. Le ragioni dell’inserimento delle radiazioni «non ionizzanti» emesse dai cellulari nella categoria 2B sono piuttosto complesse.
Nel gruppo 2B troviamo 284 sostanze in commercio, tra cui il caffè, le verdure in salamoia, la carta carbone, gli scarichi di benzina, il talco e le monete di nichel.
Radiazioni ionizzanti e non ionizzanti
Come riporta l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), le radiazioni non ionizzanti si trovano «nella parte dello spettro elettromagnetico in cui l’energia è insufficiente per causare la ionizzazione. Comprende campi elettrici e magnetici, microonde, infrarossi, e la radiazione visibile».
Ci preoccupano invece le radiazioni ionizzanti, le quali possono effettivamente causare danni al Dna e provocare tumori. Eppure in certi ambiti sono utilizzate in sicurezza anche queste, per esempio coi raggi X delle radiografie, basta attenersi a esposizioni non oltre un certo limite.
Le correlazioni spurie non implicano causalità
Quando si parla di radiazioni, un comprensibile bias ci può anche stare. Così, non è difficile trovare correlazioni spurie (che non implicano un collegamento causale), lo abbiamo visto esaminando il ritorno dei No vax nelle narrative anti-vacciniste collegate a Covid-19.
Tornando alle radiazioni non ionizzanti, potremmo citare anche uno studio apparso su Scientific Reports nel 2017, dove i cellulari venivano collegati agli «aborti spontanei». Come si potrebbe facilmente intuire, non presenta risultati significativi.
Si tiene già conto del principio di precauzione
Sempre per principio di precauzione, siamo esposti a radiazioni notevolmente inferiori – in proporzione – a quelle di cui tengono conto i pochi studi decenti che hanno trovato delle correlazioni degne di nota.
Infine, si parla anche del possibile riscaldamento dei tessuti esposti a periodi prolungati ai campi elettromagnetici, non esiste però un collegamento dimostrato tra questo fenomeno e i tumori.
La presa di distanze dell’Istituto Ramazzini
Ora i tempi sono cambiati. La pandemia rende concretamente pericolose per la salute certe tesi sul 5G. Sono stati riscontrati dei possibili reati in diversi influencer, i quali hanno divulgato narrazioni che possono portare le persone a violare le misure di contenimento, tanto che l’associazione di scienziati Patto trasversale per la scienza ha dovuto diffidare e denunciare diversi di questi personaggi.
Così persino associazioni che hanno fatto dell’applicazione del principio di precauzione un mantra, tanto da lanciare allarmi esagerati persino sugli antibiotici nel latte, hanno riportato recentemente la presa di distanze dello stesso Istituto Ramazzini, dalle tesi che collegano il 5G a Covid-19.
5G e Sistema immunitario
È interessante un passaggio dell’intervista a Fiorella Belpoggi del Ramazzini, dove si menzionano le tesi riguardo a un presunto indebolimento del Sistema immunitario:
«Ma no, quello che si sa è che il sistema immunitario, in alcune sue funzioni, soprattutto quelle correlate alla presenza del calcio, sembra che in qualche modo possa essere indebolito. Ma sono pochi studi, e non è stabilito con certezza. E a parte questo, nel caso del coronavirus, in Iran, per esempio, non credo siano così attrezzati sulle connessioni a radiofrequenza, eppure hanno una incidenza molto alta di infezione da coronavirus».
Le ragioni per cui, fin da prima della pandemia, si voleva mettere alla berlina il 5G, ruotano spesso attorno al Sistema immunitario. Delle difese deboli infatti non implicano solo maggiore vulnerabilità ai virus, ma anche ai tumori, perché il nostro Organismo fa più fatica a intercettare ed eliminare le cellule cancerogene.
Dai tumori al Covid-19: la strategia del falso bilanciamento
Delle tesi pseudoscientifiche sul «canale del Calcio» e del relativo business di integratori, avevamo trattato in un precedente articolo. Potrebbe anche farci sorridere l’idea che ci siano persone convinte del collegamento tra 5G e Covid-19, ma riflettiamo sul fatto che molti di loro usavano le stesse premesse e fonti (tra cui lo studio del Ramazzini), per fare altrettante illazioni sul collegamento tra cellulari e cancro, trovando credito persino nelle aule dei tribunali.
Quando le evidenze scientifiche a proprio favore mancano, si può sempre ricorrere alla ben oliata «strategia del tabacco». Quando negli Stati Uniti cominciarono a emergere sempre più evidenze sulla nocività del fumo (parliamo di una letteratura di gran lunga più robusta di quella a supporto dei detrattori di qualsiasi generazione di comunicazione mobile), le lobby del tabacco decisero allora di usare i pochi scienziati compiacenti, per far credere – mediaticamente – che esistesse un «dibattito aperto», quando ormai la Comunità scientifica era concorde nel ritenere il fumo cancerogeno.
Il dibattito che non c’è
Lo stesso succede coi negazionisti del Rascaldamento globale. Lo vediamo spesso anche in Tv, quando un Roberto Burioni viene messo a confronto con una «mamma informata»: si chiama «false balance», ovvero un falso bilanciamento, dove vengono messe sullo stesso piano una posizione che trova largamente concorde la Comunità scientifica, con un’altra decisamente minoritaria e povera di riscontri concreti.
Così non deve stupirci se recentemente Martucci su Oasi Sana ha esaltato quella che il Corriere avrebbe definito un «dibattito scientifico al Parlamento europeo», con tanto di esperto disposto a sostenere la validità delle tesi contro le radiazioni dei cellulari. Martucci riporta per altro la presenza della stessa Belpoggi (Sic!).
Si parla di un «Panel for the Future of Science and Technology», fissato inizialmente per il 28 aprile, ma rinviato poi a data da destinarsi. Il tema doveva essere «l’impatto sulla salute e sull’ambiente del 5G». Peccato che il consenso nella Comunità scientifica non lo si stabilisce coi panel organizzati dal Parlamento europeo.
Il dibattito infatti esiste soprattutto a livello politico. Del resto al Parlamento europeo ci sono state anche interrogazioni sulle Scie chimiche:
«Una vasta parte della comunità scientifica internazionale ritiene che le scie rilasciate dagli aerei disperdano nell’aria sostanze tossiche, quali alluminio, bario e ferro, e siano pertanto estremamente pericolose».
Open.online is working with the CoronaVirusFacts/DatosCoronaVirus Alliance, a coalition of more than 100 fact-checkers who are fighting misinformation related to the COVID-19 pandemic. Learn more about the alliance here (in English)
Il parere degli esperti:
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