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Il garante della Privacy frena le app per tracciare il Covid-19: «L’adesione deve essere volontaria»

08 Aprile 2020 - 15:09 Giulia Marchina
«È auspicabile che la complessa filiera del tracciamento dei contatti possa realizzarsi interamente in ambito pubblico», ha poi spiegato

«È preferibile il ricorso a sistemi fondati sulla volontaria adesione dei singoli che consentano il tracciamento della propria posizione. Tuttavia, per garantire la reale libertà (e quindi la validità) del consenso al trattamento dei dati, esso non dovrebbe risultare in alcun modo condizionato». A dirlo oggi, 8 aprile, è il Garante della privacy Antonello Soro, durante un’audizione in Commissione Trasporti alla Camera per parlare dell’app che servirà a tracciare i soggetti positivi al Coronavirus.

Il piano di Speranza

Domenica 5 aprile il ministro della Salute Roberto Speranza annunciava un programma in cinque punti per far uscire l’Italia dall’emergenza sanitaria da Coronavirus e dare quindi inizio alla cosiddetta “fase 2” – espressione coniata dal premier Conte. Nell’elenco, il «rafforzamento delle strategie di contact tracing e di tele-assistenza con l’utilizzo delle nuove tecnologie». Come? Attraverso, diceva, un’app con cui il Ministero potrà conoscere i contatti stretti di persone positive e monitorare lo stato di salute di un paziente durante la quarantena.

Soro ha dunque sottolineato come il consenso degli utenti debba essere una «volontaria attivazione di una app funzionale alla raccolta dei dati sull’interazione dei dispositivi». E ha aggiunto: «Pertanto, non potrebbe ritenersi effettivamente valido, perché indebitamente e inevitabilmente condizionato, il consenso prestato al trattamento dei dati acquisiti con tali sistemi, se prefigurato come presupposto necessario, ad esempio, per usufruire di determinati servizi o beni (si pensi al sistema cinese)».

Controllo pubblico e leggi

Inoltre, per il Garante, «è auspicabile che la complessa filiera del tracciamento dei contatti possa realizzarsi interamente in ambito pubblico. Ove, tuttavia, ciò non fosse possibile e anche solo un segmento del trattamento dovesse essere affidato a persone giuridiche private, esse dovrebbero possedere idonei requisiti di affidabilità, trasparenza e controllabilità, rigorosamente asseverati».

Non solo. Secondo il garante per la privacy, per approvare una normativa del genere sarà importante fare una legge: «Il trattamento di dati personali comunque realizzato richiederebbe, auspicabilmente, una norma di rango primario” – ha detto . In alternativa “un decreto-legge, che assicura la tempestività dell’intervento, pur non omettendo il sindacato parlamentare né quello successivo di costituzionalità, diversamente dalle ordinanze».

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