Coronavirus, YouTube potrebbe prendere presto provvedimenti mirati contro i video che collegano 5G e Covid-19
Non solo il 5G, ma tutto ciò che riguarda la telefonia mobile e le radiofrequenze, è stato oggetto da anni di congetture complottiste, spesso correlate da studi scientifici fraintesi o strappati dal loro contesto. Il fenomeno non riguarda solo l’Italia, che lo ha importato, come tante altre tesi di complotto.
La Bbc riporta diversi tentativi di collegare la tecnologia 5G alla pandemia di Covid-19. Sono stati denunciati anche atti di vandalismo, con tanto di antenne incendiate. Come abbiamo visto negli articoli precedenti, si tratta sempre di tesi prive di fondamento.
Eppure in questo periodo di pandemia anche questo genere di narrazioni sta ottenendo un ampio seguito. Spesso a collegare il 5G al Covid-19 sono gli stessi guru che parlavano di relazioni dimostrate con l’insorgere di certi tipi di tumori. Uno dei mezzi di maggior diffusione è YouTube, il secondo motore di ricerca al Mondo.
Gli atti vandalici contro le antenne della telefonia mobile
È una vera e propria epidemia parallela quella che coinvolge la più importante piattaforma video, tanto che al di là delle già esistenti policy, contro i contenuti che diffondono fake news conclamate – o incentivano l’odio – il Social network starebbe pensando di ridurre specificamente i contenuti che collegano 5G e Coronavirus.
A rivelarlo è il Guardian che riporta le affermazioni di un portavoce di YouTube in una breve intervista:
«Abbiamo anche politiche chiare che vietano i video che promuovono metodi non comprovati dal punto di vista medico – spiega il portavoce – per prevenire il coronavirus al posto della ricerca di cure mediche e rimuoviamo rapidamente i video che violano queste politiche quando segnalati a noi».
Il quotidiano inglese riporta anche le affermazioni del Ceo di Vodafone, Nick Jeffery, la società di telefonia mobile è stata maggiormente colpita dagli atti vandalici, causando effetti avversi reali:
«L’incredibile convinzione porta alcune persone a danneggiare le stesse reti che forniscono connettività essenziale ai servizi di emergenza – continua Jeffery – al servizio sanitario nazionale e al resto del paese durante questo periodo di blocco».
L’algoritmo di YouTube continua a mettere in imbarazzo il Social network
Per farci un’idea di quanto possa essere virale questo genere di contenuti basti pensare a un recente filmato italiano pubblicato sul Social network, il quale ha superato in poco tempo il milione di visualizzazioni.
Nel filmato l’influencer si rifà alle affermazioni di un guru delle medicine alternative, il quale a sua volta cita le parole del filosofo esoterista Rudolf Steiner riguardo alla pandemia di influenza Spagnola del 1918-19.
In questo vero e proprio delirio pseudoscientifico, l’influencer mette in relazione le onde radio con l’insorgere delle pandemie, in quanto queste indebolirebbero il Sistema immunitario. Inutile sottolineare che si tratta di affermazioni al di là di ogni evidenza scientifica. Eppure questo genere di contenuti sembra non subire alcun tipo di arresto da parte dell’algoritmo di YouTube.
Un precedente emblematico: i video terrapiattisti
Ricordiamo che nella Piattaforma è possibile monetizzare i contenuti, per quanto esistano già misure preventive che riducono la monetizzazione quasi all’istante, in attesa che un admin né valuti il contenuto. Il problema del dilagare delle fake news era infatti già noto al Social network.
Prendiamo come esempio le tesi terrapiattiste: il fenomeno era tutto sommato inesistente a livello mediatico, fino a quando proprio su YouTube nel 2015, sono cominciati a fiorire canali e video che si rifacevano alla teoria della Terra piatta, spesso per dileggio, ma anche prendendola sul serio.
Allora perché le radiofrequenze sono nella categoria 2B dello Iarc?
Anche se lo Iarc posiziona le onde elettromagnetiche dei cellulari nella categoria 2B (possibilmente cancerogeni per l’uomo), occorre ricordare che questa comprende 284 sostanze in commercio, in quanto certificate come sicure entro le dosi previste.
«Se ci sono limitate evidenze di cancerogenicità sia negli esseri umani sia negli animali – spiega Airc – la sostanza è classificata nel gruppo 2B».
Il rischio riguarderebbe infatti, una esposizione cento volte superiore a quelle a cui siamo sottoposti normalmente. Ad oggi esistono oltre 28mila studi oltre a seimila research summary, sui presunti effetti avversi delle radiofrequenze, in un arco di tempo piuttosto ampio: dagli anni ’60 a oggi. In nessun caso è stato accertato un collegamento causale con l’insorgere di patologie nelle persone.
Secondo Alessandro Polichetti, direttore del Reparto di radiazioni non ionizzanti, del Dipartimento di tecnologie e salute dell’Iss, «la maggior parte degli studi finora effettuati, sia epidemiologici che sperimentali, non suggeriscono l’esistenza di rischi a lungo termine delle esposizioni ai campi elettromagnetici a radiofrequenza».
Foto di copertina: U.S. Air Force graphic by David Perry | La rete 5G.
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