Coronavirus, la rivolta delle piccole librerie contro la riapertura: «Solo propaganda, favorite le grandi catene»
L’Italia vuole ripartire dalla cultura, dai libri. Ma per farlo deve mettere in sicurezza chi vende e chi compra quei libri. Una riapertura simbolica, quelle delle librerie a partire da martedì 14 aprile, un «riconoscimento che anche il libro è un bene essenziale», spiega il ministro dei Beni e delle Attività Culturali, Dario Franceschini, in un tweet. Una buona notizia, messa nero su bianco nell’ultimo dpcm per contenere la pandemia del Coronavirus in Italia, che, però, deve scontrarsi con la dura realtà, con il distanziamento sociale, con le precauzioni necessarie a tutelare la salute pubblica. Per questo motivo 150 librai indipendenti di tutta Italia, da Roma a Catania passando per Torino e Genova, non riapriranno.
«Scelta folle, chi sanifica i libri?»
«Quella di riaprire le librerie in piena emergenza è una scelta folle. Noi non siamo un simbolo, siamo dei lavoratori. Questa è solo ipocrisia e propaganda elettorale. Si ricordano di noi solo adesso dopo che molte librerie hanno chiuso» spiega Clorinda Attianese di “Libramente Caffè Letterario”, a Salerno. «Noi martedì non riapriamo, e sa perché? I clienti tornerebbero a sfogliare, a prendere in mano i libri. E io cosa dovrei fare? Sanificare tutti i libri toccati dal cliente prima che ne arrivi un altro? Ammesso che ce ne siano, eh. Rischiamo, di fatto, di rimanere chiusi all’interno dei nostri negozi, dovendo far fronte alle spese vive, dalle bollette all’affitto. Quindi, apriamo per vendere a chi?» aggiunge.
Ed è qui che sorge un altro dubbio: con l’ultimo dpcm sembrerebbe che chiunque sia autorizzato ad andare in giro, alla ricerca di una libreria aperta. «Significa che se uno esce di casa per andare in libreria non verrà multato? E se nel mio comune di residenza non ce n’è una? Sono autorizzata ad andare in quella del comune accanto? Posso farlo?» si chiede Clorinda. Tanti i dubbi.
«Favoriscono le grandi librerie»
Una concessione che, secondo i librai indipendenti, rischia di «aiutare i colossi». Dello stesso avviso anche Alice Pisu della libreria “Diari di bordo” di Parma: «Si favoriscono le grandi librerie, i grandi editori che, con altri mezzi e con maggiori tutele economiche, riapriranno regolarmente martedì prossimo. La nostra clientela, poi, finirà per comprare da loro e così i nostri sforzi saranno vanificati. Temo, quindi, che noi librai indipendenti spariremo, che non riapriremo mai più. Il governo, a questo punto, dovrebbe venirci incontro con un piano di liquidità, magari con un contributo per l’affitto che non riusciamo più a sostenere». «Abbiamo un valore indiscusso, è vero, ma non siamo beni di prima necessità. Non crediamo sia questa la priorità, adesso» ha aggiunto.
Le consegne a domicilio
Alice e il suo socio, Antonello Saiz, hanno deciso di non fare consegne a domicilio di libri a differenza di Clorinda che ha aderito a “Libreria d’asporto”, un progetto attraverso cui alcune case editrici, tramite una raccolta fondi, hanno deciso di finanziare le consegne dei negozi aderenti. Nessun costo aggiuntivo né per le librerie né per i lettori.
La Lombardia dice no alle librerie aperte
Intanto la Regione Lombardia ha vietato la riapertura delle librerie: «Il commercio al dettaglio di libri è consentito esclusivamente negli ipermercati e nei supermercati» si legge sulla nuova ordinanza della giunta guidata da Attilio Fontana. Ammessa, invece, la consegna a domicilio, la vendita via internet, corrispondenza, telefono, tv e radio.
Foto in copertina di Alice Pisu
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