Coronavirus, come fa il Veneto a riaprire a corsette e picnic? Il virologo Crisanti: «Con tanti test scoviamo anche gli asintomatici: solo così l’Italia può riaprire»
In Veneto parte una fase di «lockdown soft» con l’ultima ordinanza del presidente Luca Zaia che il virologo Andrea Crisanti, consulente per l’emergenza Coronavirus, definisce «Prudente e ragionevole». A far discutere sono le «aperture di fiducia» del governatore che ha allentato le restrizioni per lo sport all’aperto e sui picnic, purché nelle proprietà private: «Non scherziamo – dice Crisanti in un’intervista alla Stampa – il problema non sono quelli che vanno a correre isolati e in sicurezza. Il problema semmai è che prima di aprire a una vera fase 2 l’Italia deve essere pronta». Le nuove disposizioni venete accelerano anche la riapertura di alcune attività, come i mercati, ma con dei limiti. Rimarranno chiusi i supermercati la domenica e i festivi e saranno sempre obbligatorie mascherine e guanti. Infine, rimane il divieto di uscire per chi ha una temperatura sopra i 37 gradi.
Per Crisanti, l’uomo che ha suggerito di isolare il focolaio di Vo’, tutto questo è possibile visto che «In Veneto si conosce meglio l’epidemia perché facciamo molti più test, a livelli tedeschi, e mettiamo in isolamento domiciliare gli asintomatici», spiega a La Stampa. «Ma l’Italia non può ragionare di una fase 2 senza avere i dati reali dell’epidemia: non sappiamo ancora l’incidenza giornaliera dei casi né la loro stratificazione», dice, e aggiunge che le cifre dichiarate altro non sono che una stima al ribasso. L’uscita dall’emergenza, secondo l’ex professore dell’Imperial College di Londra, si può raggiungere solo con «la capacità di rifornire la popolazione di dispositivi di sicurezza», e con quella di «creare una forza di reazione efficace in caso di nuovi contagi».
Vero è che, però, «eliminando via via le restrizioni, in assenza di un vaccino, ci saranno nuovi focolai. Inutile nasconderci il rischio che si assume chi ci governa nel decidere di riaprire il Paese è grande. Ma questo rischio deve essere accettabile per la comunità». Per Crisanti, dunque, «servono strumenti all’altezza della situazione che stiamo vivendo. Per riaprire bisogna poter tracciare e sapere dove sono i positivi al virus. Altrimenti dovremo ricominciare tutto da capo».
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