Il blocco del Coronavirus ruba braccia all’agricoltura, l’appello ai giovani per aiutare nei campi: in centinaia hanno già aderito
«Vai a zappare!». Altro che insulto, in tempo di emergenza Coronavirus questa frase potrebbe trasformarsi in una grande occasione per diversi ragazzi italiani che stanno aderendo alla “chiamata alle armi” di Coldiretti, alla ricerca di un aiuto urgente nei campi per tutti quegli agricoltori alla prese con la raccolta di frutta e verdura e che, adesso, sono rimasti senza manodopera in pieno lockdown. Senza di loro, dice il responsabile lavoro di Coldiretti, Romano Magrini «rischiamo di non raccogliere più i nostri prodotti e di lasciare sui campi un quarto del made in Italy».
I numeri sono davvero drammatici: «200-250mila sono i lavoratori che verranno meno in queste settimane. Molti venivano da Polonia e Romania e ora non possono più raggiungerci. Abbiamo bisogno di manodopera, dobbiamo raccogliere gli ortaggi ma anche i primi frutti come fragole e ciliegie. Ma se non c’è nessuno, chi fa questo lavoro?». I problemi maggiori si registrano soprattutto nel centro-Nord, per il Sud è solo questione di tempo. È di ieri il provvedimento del governatore della Puglia, Michele Emiliano, che ha concesso gli spostamenti, uno al giorno, anche per agricoltori e allevatori amatoriali, per concedere a chi ha un piccolo pezzo di terra di continuare a coltivarlo. Ma presto arriverà la stagione di uva e pomodori e a quel punto sarà necessario trovare aiuti sufficienti.
«Vuoi zappare? Ti stiamo cercando»
Il progetto si chiama “Jobincountry” e non è altro che una banca dati che incrocia le richieste delle imprese con quelle dei lavoratori. Da tutta Italia. Nella prima settimana sono stati 1.500 gli italiani di tutte le fasce d’età che hanno dato la propria disponibilità a lavorare nei campi in Veneto; adesso, invece, l’iniziativa è stata estesa a tutta la penisola e «sono già arrivate 700 candidature». «Abbiamo studenti universitari, gente senza esperienza, ma anche diplomati in Agraria e 60enni in cassa integrazione. Pensi che hanno provato ad iscriversi persino i minorenni, che ovviamente non potranno prendere parte al progetto» spiega Magrini. La maggior parte hanno un’età tra i 20 e i 30 anni, molti sono operai, laureati in storia dell’arte ma anche addetti del settore turistico.
I voucher agricoli
Ed è qui che sorge il problema. Molti lavoratori delle campagne solitamente provengono da altri settori: molti sono «camerieri, cuochi, addetti di sala» che in alcuni periodi dell’anno vanno a lavorare nei campi, per sopperire alla mancanza di lavoro. Ora, ci spiegano, usufruiscono quasi tutti degli ammortizzatori sociali: «Se venissero a lavorare da noi, perderebbero ogni beneficio. Per questa ragione chiediamo che vengano semplificati i voucher agricoli. Vogliamo pagare i lavoratori del turismo senza che, però, venga intaccato il loro sussidio, altrimenti finiamo per non avere più nessuno nei campi». Ma c’è anche una seconda richiesta: quella di stringere accordi con le ambasciate per favorire l’arrivo di lavoratori stranieri che nel tempo hanno acquisito esperienze e professionalità. E che oggi non possono entrare nel nostro Paese.
«Da avvocato a imprenditore agricolo, faccio il lavoro più bello del mondo»
«Sull’agricoltura ci sono anche troppi pregiudizi. Sappiate che non è un lavoro umile, è un lavoro nobile, è un bene prezioso. Avete visto quanta gente proprio durante l’emergenza sta acquistando frutta e verdura per una dieta sana ed equilibrata? Io, ad esempio, ho studiato Giurisprudenza, avrei dovuto fare l’avvocato, probabilmente avrei partecipato a un concorso pubblico per ambire a un posto fisso e, invece, eccomi qui, nella mia campagna a fare il lavoro più bello del mondo». A parlare a Open è Andrea Passanisi, 35 anni, imprenditore agricolo, a capo di Sicilia Avocado, che produce mango e avocado in Sicilia. Lui ha seguito la passione del nonno «che oggi sarebbe fiero di me», ci confessa, e, dopo un viaggio in Brasile, ha deciso di cambiare la sua vita dedicandola solo alla terra.
«L’agricoltura sarà un volano per la nostra economia in tempi di crisi ma metteteci nelle condizioni di poter avere persone disposte a lavorare nei campi. I voucher, per questo, sono essenziali. Io, ad esempio, ho sempre avuto difficoltà a trovare giovani disposti a lavorare nei campi, magari non tutti sono disposti ad alzarsi alle 5 del mattino e a fare uno sforzo fisico notevole. Il mio consiglio ai giovani è quello di seguire le proprie vocazioni, di mettersi alla prova, anche nei campi, e di amare il proprio lavoro. Solo così, come nel mio caso, non avvertirete mai stanchezza» conclude.
«Non ho mai potuto sfogare il mio amore per la terra»
E tra le persone che stanno tentando questa strada c’è Jalina Bardi, diplomata in Agraria, che non ha mai potuto dedicarsi alla terra perché «pensate, nell’istituto tecnico superiore che ho frequentato, eravamo solo 6 ragazze su 600 alunni, visto che le donne in questo settore forse non sono mai state viste di buon occhio». Voleva fare un lavoro diverso e, invece, per tutta la vita ha fatto prima la truccatrice al Teatro Regio di Torino, poi il corriere, senza aver mai avuto una stabilità contrattuale. Ora, che ha una figlia, non ha un’occupazione, percepisce il reddito di cittadinanza e sente una profonda mancanza, quella del «contatto con la natura»: «Non ho mai potuto sfogare il mio amore per la terra, chissà che questa non sia la volta buona!».
Foto in copertina di Andrea Passanisi
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