Coronavirus, la guerra del Trivulzio. Tappa per tappa, che cosa è successo in un mese che è costato la vita a quasi 150 anziani
Il Pio Albergo Trivulzio è la famosa casa di cura di Milano destinata ad ospitare gli anziani dove da gennaio sarebbero stati ricoverati «molti pazienti» con polmoniti e sintomi di insufficienza respiratoria. «Criticità di questo tipo» erano state riscontrate anche in una ventina di pazienti ufficialmente non Coronavirus, trasferiti nella struttura subito dopo lo scoppio dell’emergenza. Come è possibile? Perché la Regione Lombardia ha consentito il trasferimento di malati dagli ospedali nelle Rsa? E soprattutto ha vigilato bene?
Il rischio è che in questo modo siano stati infettati gli ospiti sani del Trivulzio causando, poi, nelle settimane successive decessi su decessi. E soprattutto qual è stato il ruolo del direttore generale dell’Istituto che, stando a quanto emerge, avrebbe sottovalutato il problema, obbligando i medici a non indossare le mascherine per non allarmare gli ospiti fino addirittura a sospendere un medico che, invece, aveva osato non rispettare questa direttiva?
19 marzo – La richiesta di mascherine
In un documento, datato 19 marzo, diverse sono le richieste, avanzate dal Trivulzio e indirizzate a società operanti nel settore e alla Centrale regionale committenza, di mascherine e più in generale di dispositivi di protezione individuale. Forse la situazione era già critica. Magari solo così si sarebbe potuta evitare una strage silenziosa, di anziani, di innocenti deceduti per aver contratto il Coronavirus: si parla di 143 anziani deceduti fino ad oggi. Come sia stato possibile è ancora tutto da capire. Tanti, troppi dubbi che hanno spinto la Procura di Milano ad aprire un’inchiesta. Sul caso indagano anche il ministero della Salute e una commissione costituita dalla Regione Lombardia.
4 aprile – L’inchiesta di Gad Lerner
È il 4 aprile quando su Repubblica Gad Lerner parla del Trivulzio e di una «epidemia insabbiata» visto che, per tutto il mese di marzo, la direzione dell’Istituto avrebbe tentato di nascondere la diffusione del Covid-19 «nei suoi reparti intanto che il morbo contagia numerosi pazienti e operatori sanitari». Il prof. Luigi Bergamaschini, «geriatra fra i più qualificati di Milano, ha subìto il 3 marzo un provvedimento di esonero perché colpevole di autorizzare l’uso delle mascherine chirurgiche al personale alle sue dipendenze. Il giorno stesso del suo allontanamento forzato è stato fatto esplicito divieto a medici e paramedici di indossarle» scriveva. Durissime le parole del delegato Cgil della Rsu, Pietro La Grassa: «Gli anziani morivano e a noi, nonostante l’evidenza dei sintomi, dicevano che si trattava solo di bronchiti e polmoniti stagionali».
6 aprile – Medici lombardi contro la Regione
Già il 6 aprile la Federazione regionale degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri della Lombardia aveva denunciato «la gestione confusa della realtà delle Rsa e dei centri diurni per anziani, che ha prodotto diffusione del contagio e un triste bilancio in termini di vite umane» oltre alla «mancata fornitura di protezioni individuali ai medici del territorio (Mmg, Pls, Ca e medici delle Rsa) e al restante personale sanitario. Questo ha determinato la morte di numerosi colleghi, la malattia di numerosissimi di essi e la probabile e involontaria diffusione del contagio, specie nelle prime fasi dell’epidemia». Piccata era stata la replica dell’assessore regionale al Welfare Giulio Gallera: «Si tratta, con tutta evidenza, di una affermazione che cavalca l’onda mediatica di questi giorni e che, prima di tutto, confonde il ruolo di controllo e sorveglianza della Regione con i ruoli e le responsabilità organizzative e gestionale degli enti gestori delle strutture stesse». In altre parole, un rimpallo di responsabilità.
6 aprile – Le accuse dei giornali di destra
Un caso che, dunque, diventa anche politico. Da una parte c’è Matteo Salvini che chiede di «aiutare i medici con tamponi e mascherine più che mandare ispettori», dall’altra i quotidiani di destra come Il Giornale che, il 6 aprile, postando la foto di Gad Lerner (che ha curato l’inchiesta giornalistica sul Trivulzio), scrive: «Il Trivulzio ora smonta Lerner, “i suoi dati sono del tutto falsi”». Peccato che i fatti raccontino un’altra verità e che la magistratura abbia deciso di vederci chiaro.
Sempre Il Giornale, qualche giorno dopo, titola «La sinistra sfrutta il virus per invocare Mani pulite»: «Il Fatto Quotidiano e la Repubblica riprendono la caccia alle streghe, l’assessore Gallera sulla graticola». E ancora: «La suggestione era troppo grande e la Repubblica l’ha trasformata nel titolone di prima pagina: “Mani pulite sul Trivulzio“». «Dal 20 febbraio la Lombardia è diventata l’epicentro mondiale della disastrosa epidemia ed era forse inevitabile che prima o poi scoppiasse il processo alla classe dirigente che pure ha fatto miracoli, ha aperto in pochi giorni un nuovo ospedale in Fiera, ha tamponato le troppe mancanze e incertezze della Protezione civile e del governo di Roma» si legge, quasi a voler prendere le difese della Regione guidata da Attilio Fontana.
A gettare benzina sul fuoco è ancora Gad Lerner che, nella sua inchiesta su Repubblica, sottolinea come il dg Calicchio, detto «”Il filosofo” perché in effetti quello è l’unico titolo universitario che Calicchio indica nel curriculum» è ritenuto vicino «all’assessore regionale alle Politiche sociali, Stefano Bolognini, cerchia ristretta di Salvini, al cui fianco Bolognini si trovava anche l’estate scorsa al Papeete di Milano Marittima».
10 aprile – Al via la commissione d’inchiesta
Il 10 aprile l’assessore Gallera annuncia, proprio per fare chiarezza su un numero eccessivo di morti nelle Rsa, l’istituzione di una commissione d’inchiesta «di altissimo livello, autonoma e indipendente che faccia valutazioni su ciò che hanno fatto le Rsa» in Lombardia. «Assegniamo le valutazioni a un ente terzo – aveva spiegato Gallera – e ci sembra il modo più sereno e forte per fare il punto».
11 aprile – La procura di Milano apre un fascicolo
L’11 aprile arriva l’iscrizione nel registro degli indagati per il direttore generale del Pio Albergo Trivulzio, Giuseppe Calicchio, indagato per epidemia colposa e omicidio colposo. Un fascicolo che è stato aperto a seguite delle tante denunce di lavoratori e familiari di anziani morti.
Le testimonianze dei parenti
Alessandro Azzoni, figlio di Marisa, anziana ospite della casa di cura, ha creato il “Comitato giustizia e verità per le vittime del Trivulzio” per raccogliere esposti e testimonianze. Lì, secondo la sua ricostruzione, «si sta assistendo alla cronaca di una serie di morti annunciate»: «La situazione è ancora fuori controllo e i morti continuano a esserci ogni giorno» aggiunge all’Ansa definendo il Trivulzio «un agghiacciante quadro di malasanità».
«Sono giorni che battaglio con i sanitari, perché le mettano almeno una flebo. Quando aveva la febbre alta, mi hanno chiesto l’autorizzazione di legarla al letto perché non andasse a contagiare altri» racconta a Repubblica. «Prima hanno permesso che mia madre venisse contagiata, poi non hanno seguito alcun protocollo, né praticato terapie adeguate, né fornito assistenza psicologica. Uno sfacelo che testimonia il completo fallimento della dirigenza del più grande istituto geriatrico italiano. Una vergogna che va punita» conclude.
14 aprile – Al Trivulzio arriva la Guardia di Finanza
Intanto il 14 aprile al Trivulzio arriva la Guardia di Finanza di Milano che sequestra le cartelle cliniche degli ospiti della casa di riposo. Controlli che hanno riguardato anche gli uffici della Sacra Famiglia di Cesano Boscone e una residenza per anziani a Settimo Milanese. L’obiettivo era quello di verificare eventuali carenze nei protocolli interni e dei dispositivi di sicurezza necessari per combattere la pandemia del Coronavirus.
15 aprile – Guardia di Finanza anche in Regione Lombardia
L’indomani, il 15 aprile, le Fiamme Gialle hanno fatto irruzione nella Regione Lombardia per acquisire tutti i documenti relativi alle disposizioni sulla gestione delle Rsa sul territorio. Tra queste anche la delibera dell’8 marzo dove si stabiliva che una parte dei posti letto delle Rsa potessero essere occupate dai pazienti risultati positivi al Covid-19 e ricoverati negli ospedali.
In quel momento l’obiettivo della Regione era quello di alleggerire i reparti degli ospedali: il sistema sanitario al collasso. Il rischio, però, è che quei pazienti possano aver infettato tutti gli altri. Nel corso della perquisizione, durata 17 ore, sono state acquisite centinaia di cartelle cliniche e un numero significativo di atti, soprattutto quelli relativi alle comunicazioni tra la struttura e la Regione Lombardia.
16 aprile – Le accuse della Sottosegretaria alla Salute
A Circo Massimo la sottosegretaria del ministero della Salute Sandra Zampa ha accusato, senza mezzi termini, la Regione Lombardia di aver «disatteso le indicazioni del governo, andando in direzione contraria e prendendo le distanze. Questo è avvenuto per ragioni politiche […] Dovremmo chiederci come mai la Lombardia abbia un numero di contagiati sproporzionatamente alto rispetto alle altre regioni» ha aggiunto. «Erano state date disposizioni a tutti di non far entrare possibili contagiati. Invece così è avvenuto – ha concluso – Il virus non vola nell’aria, qualcuno deve averlo portato». Il ministero, dal canto suo, si è già attivato con un’ispezione ministeriale, ancora in corso.
17 aprile – Medici e infermieri contro la direzione del Trivulzio
Alla fine medici, infermieri, sanitari e amministrativi del Pio Albergo Trivulzio hanno rotto il silenzio e, in un comunicato, hanno attaccato la direzione dell’Istituto: «Siamo stati lasciati completamente da soli, senza direttive che prevedessero protocolli aziendali diagnostico-terapeutici, senza univoche direttive sul trattamento dell’epidemia del Coronavirus, senza norme di isolamento, senza la possibilità di fare tamponi e senza DPI fino al 23 marzo». Senza mascherine, senza tamponi e addirittura «redarguiti dal personale direttivo nel caso in cui qualcuno del personale sociosanitario indossasse mascherine portate da casa a tutela della salute degli ospiti e del personale stesso».
Mascherine che, sempre stando alla loro ricostruzione, sarebbero stati «obbligati a togliere al fine di evitare di generare un “inutile e ingiustificato allarmismo” tra i pazienti e i loro parenti». Uno di loro, poi, è stato «sospeso temporaneamente dal servizio per aver contravvenuto alla disposizioni», altri invece sarebbero stati «invitati a riprendere anzitempo il servizio dopo un periodo di quarantena fiduciaria senza prima aver eseguito il primo e il secondo tampone». Un comunicato che risponde alla lettera di una settimana fa, pubblicata su Il Giornale, in cui più di 50 firme di medici, specializzandi, infermieri, fisioterapisti e altri sanitari difendevano l’operato dell’istituto.
«Si tratta di dichiarazioni condivise dal direttore del dipartimento sociosanitario mediante apposizione della propria firma». Insomma parole, forse, non del tutto spontanee. Di ieri, invece, è la notizia che la Centrale unica regionale dimissione post ospedaliera, istituita sulla base della delibera dell’8 marzo per trasferire pazienti Covid dagli ospedali verso le Rsa, e la cui «costituzione e gestione» è stata affidata al Pio, avrebbe operato «in coordinamento con l’unità di crisi regionale», come si legge su un documento del 24 marzo firmato dal dg del Trivulzio Calicchio.
17 aprile – 3 dipendenti ricoverati, 270 anziani in osservazione
Intanto al Trivulzio ci sono 3 dipendenti ricoverati per Coronavirus, 221 «operatori sanitari e non» segnalati all’Ats e ai medici di base per sintomi da Covid-19, su un totale di 1500 tra dipendenti e operatori. 270, invece, sono gli anziani ospiti e i pazienti delle varie strutture attualmente in «osservazione cautelativa», ovvero con febbre o crisi respiratorie, alcuni dei quali in condizioni critiche e altri con polmoniti già diagnosticate.
Foto in copertina: Matteo Corner per Ansa
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