Chernobyl continua a bruciare e i rischi per la salute aumentano. Non possiamo più fare finta di niente
Nel pieno dell’emergenza globale del Coronavirus, con i media di tutto il mondo focalizzati sulla crisi sanitaria, un altro disastro è in corso. Chernobyl continua a bruciare, eppure in pochi – e troppo poco – ne parlano. Le fiamme, che vanno avanti da 17 giorni e non accennano a diminuire, hanno ormai piegato i vigili del fuoco locali, che lottano giorno e notte contro diversi incendi che mettono sempre più a rischio la salute dei cittadini. Chi continua a tenere alta l’attenzione sono i residenti e gli attivisti sul posto come Yaroslav Yemelianenko, membro del comitato consultivo pubblico del servizio di emergenza, che ogni giorno condivide sul suo profilo Facebook nuovi video e foto a testimonianza della drammatica situazione nelle foreste attorno all’ex centrale, che nel 1986 fu teatro del peggior incidente nucleare della storia.
I rischi per l’ambiente e per la salute
Secondo Greenpeace Russia, l’area coinvolta dai roghi adesso supera i 40mila ettari e le fiamme, dopo essersi indebolite per la pioggia di martedì scorso, sono ripartite con nuova forza nella notte tra il 16 e il 17 aprile, sopratutto nell’area occupata dalla centrale nucleare di Chernobyl. Al momento gli incendi più gravi restano ancora al di fuori della zona di esclusione – il più vicino è a 10 km -, ma la situazione meteo di questa settimana non si prospetta favorevole, dato che non sono previste piogge ed è in arrivo un forte vento, che potrebbe favorire la diffusione delle fiamme.
Sulla base di immagini satellitari, gli esperti russi di Greenpeace ritengono che «proprio questi incendi abbiano provocato un notevole fumo a Kiev e nei suoi dintorni» e confermano che «Non si prevedono precipitazioni che possano aiutare i vigili del fuoco. Il vento è previsto principalmente in direzione di Kiev. Se la direzione del vento cambia, il fumo può raggiungere le città russe». A preoccupare è un possibile fallout radioattivo, visto che nell’area di esclusione sono stati rilevati valori anomali di radioattività dovuti a particelle contaminate da Cesio 137 nell’aria.
Le istituzioni, però, continuano a non fare chiarezza sui rischi per la salute. Mentre Volodymyr Demchuk, direttore del dipartimento di risposta alle emergenze, ha dichiarato che le radiazioni nella regione di Kiev restano entro i limiti consentiti, gli esperti di Greenpeace hanno evidenziato come in condizioni di smog, qualsiasi ulteriore esposizione ad aria con un alto contenuto di radionuclidi aumenti il rischio di cancro e di altre malattie. Una situazione resa ancora più allarmante dall’epidemia di Coronavirus, che intacca proprio il sistema respiratorio.
Alle denunce degli attivisti ambientali si sono aggiunte quelle dell’associazione Mondo in Cammino, che dal 2005 aiuta i bambini bielorussi, russi e ucraini colpiti dalle conseguenze dell’incidente nucleare del 1986 a ridurre i danni della radioattività. «Incendi così imponenti possono mobilizzare fino all’’8% del Cesio 137 liberato dall’incidente nucleare del 1986, che si incorpora soprattutto nei bambini, danneggiando le fibre cardiache e provocando già in tenera età infarti, trombosi e ictus», ha detto il presidente della onlus Massimo Bonfatti.
La noncuranza della politica
Mentre il ministro della Salute ucraino, Illia Yemets, ha dichiarato che la nube dovuta all’incendio «non comporta una minaccia chimica o radiologica e i livelli delle radiazioni rientrano nei limiti normali», in Bielorussia la situazione è resa ancora più drammatica dall’indifferenza del governo. Il presidente Aleksandr Lukashenko, che ritiene l’emergenza da Coronavirus una “psicosi”, ha lasciato aperto tutto il paese e consiglia ai cittadini di prevenire l’infezione con saune e vodka, mentre gli ospedali sono sempre più pieni di pazienti con polmoniti e problemi respiratori. Una situazione che, sommata agli incendi, rischia di diventare esplosiva.
La foto, che non si riferisce a Chernobyl, viene da Getty Images
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