Coronavirus, ipotesi Fase 2 anticipata: riaperture dal 27 aprile per chi può in sicurezza
C’è grande confusione sul tema della ripresa delle attività dopo la fase più dura di epidemia da Coronavirus. Ed è proprio la diseguale incidenza del contagio nei territori italiani a far reclamare tempi e modalità di apertura differenti. Tra le dichiarazioni dei politici e le iniziative dei singoli amministratori, la questione si è ingarbugliata in una serie di ipotesi ancora tutte da confermare. Il dibattito sulle riaperture è stato al centro della riunione del governo con il capo della task force Vittorio Colao. Prevista alle ore 16, sempre mercoledì 22 aprile, la convocazione di una cabina di regia con gli enti locali. Partecipano, in rappresentanza delle regioni, Stefano Bonaccini, Attilio Fontana e Nello Musumeci, per i comuni Antonio Decaro, Virginia Raggi e Roberto Pella. Ad ogni modo, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha già annunciato che indicherà la timetable da seguire entro la fine di questa settimana. Per riaccendere i motori dell’Italia, spenti a causa del Coronavirus, Conte avrebbe già pianificato una lunga lista di appuntamenti con i sindacati e le categorie imprenditoriali. Sulla stampa, tuttavia, circolano già dei cronoprogrammi: ecco i più plausibili e quali sono le richieste sollevate dalle varie realtà locali.
La data 27 aprile
La situazione, in evoluzione di ora in ora, restituisce indicazioni diverse per i vari territori del Paese. Se la ripartenza, con il decreto vigente, è prevista il 4 maggio a livello nazionale, c’è anche una data che potrebbe riguardare alcune filiere specifiche, a prescindere dal territorio sul quale insistono. L’ipotesi è stata sviluppata seguendo le linee guida dell’Inail sui lavori meno rischiosi e il 27 aprile pare essere il giorno più gettonato per ricominciare. Alcuni dei comparti che potrebbero essere coinvolti sono quelli dell’automotive, dell’estrazione di minerali, dei mobilifici, del tessile e delle pelletterie. Il Sole 24 Ore scrive che, in questo caso, bisognerebbe modificare l’allegato 3 del Dpcm del 10 aprile per mettere mano alla lista dei codici Ateco che hanno potuto continuare a operare. Sembrerebbe meno probabile la riapertura dei cantieri, nei quali è difficile garantire il distanziamento interpersonale.
Le prerogative per ripartire
La conditio sine qua non per consentire la riapertura delle aziende dovrebbe essere il possesso di tutti i dispositivi di sicurezza. Sarebbero le stesse imprese a doverlo autocertificare, fintantoché si proceda a controlli più capillari. «Abbiamo chiesto al governo – ha detto il presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini – di dare linee guida sul tema dei dispositivi di protezione individuali». «Faccio un esempio – ha aggiunto ai microfoni di Rai News -, le mascherine servono per evitare il contagio? Bene, si dica che servono, sono obbligatorie a livello nazionale, mettendo anche a fianco una sanzione per chi non rispetta il suo utilizzo». Dal fronte degli amministratori locali, anche Giuseppe Sala, il sindaco di Milano, ha avvisato il governo: la riapertura «va pianificata e non ce lo dovranno dire 48 ore prima».
Mobilità e ingressi scaglionati
A livello comunale, i sindaci chiedono indicazioni al governo e al comitato tecnico scientifico su come gestire il trasporto pubblico. La città di Milano, una delle più colpite dal contagio, sta preparando un piano per l’utilizzo di autobus e metrò: regolare gli ingressi, che saranno bloccati una volta superata una certa soglia, e sul suolo una segnalazione visiva per garantire il rispetto della distanza di sicurezza. «Il tema degli orari della città è fondamentale: nelle scuole bisogna entrare scaglionati e i negozi devono aprire in modo scaglionato, probabilmente dovranno tenere aperto di sera alcuni», ha aggiunto Sala. Il capoluogo lombardo starebbe studiando un progetto per l’implementazione delle piste ciclabili e della cosiddetta mobilità gentile. Tuttavia, sarà indispensabile continuare, dove possibile, a lavorare in smart working.
Il caso delle autocertificazioni alle prefetture
Il presidente della regione Toscana Enrico Rossi segnala una problematica nel sistema che consente il prosieguo di alcune attività. Con la possibilità di ottenere il permesso alla riapertura presentando un’autocertificazione al prefetto, «con una semplice comunicazione alle prefetture si sono rimesse in moto moltissime imprese, spesso senza protocolli per la sicurezza», ha detto Rossi. La regione Toscana, motu proprio, ha emesso un’ordinanza in cui si prescrivono all’aziende le condizioni necessarie per ripartire. Nelle fabbriche, nei laboratori artigianali e negli uffici toscani dovrà essere rispettata la distanza sociale di almeno 1,80 metri. Se nei processi produttivi questa distanza non potrà essere garantita, dovranno essere inseriti elementi di separazione tra le persone oppure usate mascherine Ffp2 senza valvola. In alternativa, due mascherine chirurgiche indossate insieme. Le mascherine sono obbligatorie e dovranno essere fornite dal datore di lavoro.
April 22, 2020
Chi fa da se
Ogni regione sta adottando o prevedendo misure differenti, nonostante l’appello del ministro della Salute Roberto Speranza a lavorare insieme. In Piemonte, per esempio, è allo studio l’ipotesi di apertura degli asili nido già da giugno: «Non possiamo non pensare alle famiglie che, se tornano a lavorare, non sanno dove mettere i bambini. Non possiamo pensare che ripartano le aziende senza che riparta un qualcosa di predisposto dalle Regioni o dallo Stato per assistere, per guardare i bambini durante l’orario di lavoro», ha detto il presidente della regione Alberto Cirio. Dall’altro estremo dell’Italia, in Sicilia, un Comitato tecnico scientifico avrebbe fatto pervenire al presidente Nello Musumeci una scaletta delle riaperture sull’isola. Secondo il Giornale di Sicilia, le prime a ripartire il 4 maggio saranno le aziende del settore manifatturiero, della filiera agricola e i grandi cantieri. Dopo due settimane, sarà la volta dei negozi. Parrucchieri e centri estetici non apriranno prima di fine maggio. Gli ultimi ad aprire dovrebbero essere bar e ristoranti, a giugno inoltrato. Piemonte e Sicilia sono solo due esempi di Regioni che si stanno muovendo in autonomia.
Spaccatura intraregionale e iniziativa privata
Singolare il caso delle Marche, dove il sindaco di Ascoli Piceno, Marco Fioravanti, ha scritto una lettera indirizzata a Conte: «Qualora il Governo, a seconda delle differenti situazioni emergenziali, dovesse stabilire date diverse per la fine delle restrizioni in ciascuna regione, chiediamo con forza che si provveda a un differente trattamento del Sud delle Marche rispetto al Nord delle Marche – spiega Fioravanti -. Nessun campanilismo, ma le imprese e i lavoratori della provincia di Ascoli Piceno non possono ritardare ancora la loro riapertura». Altrettanto unico il caso del parco divertimenti di Gardaland. L’ad Aldo Vigevani ha invocato la riapertura della struttura: «Vogliamo garantire una giornata di divertimento all’insegna della totale sicurezza per le famiglie italiane che potranno vivere momenti di svago e relax». Il parco divertimenti avrebbe elaborato già un piano per riaprire in sicurezza: «Gli ingressi giornalieri saranno scaglionati, verrà misurata la temperatura corporea a dipendenti e visitatori. Ospiti e addetti verranno forniti di dispositivi di protezione, mascherine o schermi a seconda delle necessità. Nelle diverse aree del Parco verranno installati distributori di igienizzante per le mani».
In Lombarda e Marche «stop contagi a fine giugno»
Mentre si consuma un acceso confronto tra i presidenti delle regioni del Nord, che vorrebbero ripartire, e quelli del Sud, che temono uno sciame epidemico proveniente dal Settentrione, l’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane, coordinato da Walter Ricciardi, professore di Igiene all’Università Cattolica, ha elaborato un’ipotesi di fine emergenza su scala territoriale. Le ultime regioni che potrebbero vedere una riduzione drastica dei contagi sarebbero Lombardia e Marche. Qui l’assenza di nuovi casi positivi non dovrebbe registrarsi prima della fine di giugno. In Emilia-Romagna e Toscana non prima della fine di maggio, per il Veneto e il Piemonte si fa la data del 21 maggio, per il Lazio «almeno il 12 maggio» e per le regioni del Sud la fine dell’emergenza sarebbe prevista «tra fine aprile e inizio maggio». Umbria e Basilicata saranno le prime a far registrare zero nuovi casi.
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