Coronavirus, in Francia si potrebbe sperimentare la nicotina come «barriera» contro il virus
Ho appena smesso di fumare. Che faccio dottore, ricomincio? È una novità controversa, e certamente destinata a far discutere. La nicotina e il fumo di sigaretta hanno un effetto di barriera contro il Coronavirus? Dell’ipotesi se ne parla da giorni, in Francia. Con evidenze che potrebbero trovare analogie anche in Italia ma verso le quali serpeggia un (immaginabile) tabù: più di uno studio, oltralpe, nota infatti che tra i malati di Covid-19 negli ospedali pochi sono i fumatori e le fumatrici. I numeri vengono ricostruiti dall’Ansa: su 350 malati ricoverati in Francia e verificati con tampone solo il 5% fuma. La percentuale è più bassa di quella dei fumatori nella società.
Il ruolo della nicotina
È con lei che si lotta, quando si fuma. Per la dipendenza fisica che provoca, e per avere l’alibi di cedere alla dipendenza psicologica che questa abitudine che uccide porta con sè. Ma secondo il professor Jean-Pierre Changeux, dell’Istituto Pasteur e del College de France, è proprio lei, la nicotina, che – questa l’ipotesi che si sta studiando – fissandosi sul recettore cellulare utilizzato dal coronavirus, potrebbe impedire o ostacolare «il suo ingresso» nelle cellule. Detta altrimenti: coronavirus e nicotina agirebbero quindi sugli stessi recettori cellulari?
Un’ipotesi che, dice il ministro della Salute, Olivier Véran, è «interessante» e ovviamente tutta da dimostrare. «Mi raccomando, nessuno riprenda a fumare dopo aver smesso pensando di essere più protetto contro il Coronavirus. Il fumo resta la prima causa di mortalità in Francia, con 75mila decessi», chiosa il professor Jerome Salomon, direttore generale della Sanità a commento di quanto che sta emergendo e del relativo, vivace dibattito in Francia, ancora secondo quanto ricostruisce l’Ansa.
La sperimentazione
L’autorizzazione per la sperimentazione è in via di rilascio: si procederà con l’applicazione di quegli stessi cerotti alla nicotina che aiutano le persone a smettere di fumare. Con dosi differenti: prima i “patch” verranno applicati a chi fa parte del personale sanitario, poi a pazienti ricoverati ma non in condizioni gravi, quindi a pazienti gravi in rianimazione. L’ipotesi è che la nicotina possa avere un effetto nel ridurre la sovra-infiammazione, la cosiddetta «tempesta di citochine», la tempesta infiammatoria che appartiene al quadro clinico della Covid-19.
«Bisogna rimanere molto prudenti, non dimenticare gli effetti nefasti della nicotina che sono ben noti», scandisce Salomon snocciolando i numeri – certi – di quanto fumare faccia male. Anche perché l’analogia del ruolo di nicotina e virus sui recettori è tutta da verificare, mentre quel che è certo è che poi i fumatori, se si ammalano di Covid-19, «presentano sintomi gravi». D’altro canto nella sua forma acuta, la polmonite interstiziale è la conseguenza più seria dell’infezione da Coronavirus.
Secondo una parte dei ricercatori, al centro dell’ipotesi della nicotina «protettrice» ci sarebbe il «recettore nicotinico dell’acetilclolina», che ha un ruolo centrale nella propagazione del virus. Spiegherebbe la varietà dei sintomi del Covid-19, in particolare la perdita dell’olfatto e alcuni disturbi di carattere neurologico, fino ai casi di arresto respiratorio improvviso che può avvenire attorno all’ottavo giorno.
In copertina EPA/Mohammed Badra | Un uomo fuma una sigaretta mentre guarda operatori sanitari partecipare a ‘One World: Together At Home’ a Parigi, Francia, 18 aprile 2020.
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