Coronavirus, morti nelle Rsa: dopo Milano si indaga in tutta Italia. In Puglia 12 strutture sospette, casi in Piemonte e Toscana
Ancora occhi puntati sulle Rsa d’Italia, dopo il caso che ha scatenato tutto, quello del Pio Albergo Trivulzio di Milano in cui «molti pazienti» sono deceduti per aver contratto il Coronavirus. Alcune Procure nazionali stanno indagando sulle Rsa nei territori di competenza: le inchieste sono mirate alle case di cura in cui, dallo scoppio dell’emergenza sanitaria, si sono verificate morti “sospette” o in cui si sono registrati troppi casi di contagio. Nell’Albergo di Milano da gennaio sarebbero stati ricoverati anziani – circa 150 – con polmoniti e sintomi di insufficienza respiratoria.
Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Ansa, «criticità di questo tipo» erano state riscontrate anche in una ventina di pazienti ufficialmente non Covid. L’11 aprile la procura di Milano apre un fascicolo, iscrivendo nel registro degli indagati il direttore generale del Pio Albergo Trivulzio, Giuseppe Calicchio, indagato per epidemia colposa e omicidio colposo. Un fascicolo che è stato aperto a seguite delle tante denunce di lavoratori e familiari di anziani morti.
Piemonte
La procura di Alessandria ha disposto una ricognizione dei carabinieri del Nas per valutare come siano stati trattati gli ospiti affetti da Covid-19 nelle Rsa della provincia e quali prescrizioni di carattere sanitario siano state adottate dalle strutture per anziani. «Il fenomeno è certamente minore nel circondario alessandrino rispetto ad altri territori – sostiene il procuratore Enrico Cieri – ma noi guardiamo ai fatti». Al momento non risultano procedimenti penali aperti né denunce di parenti e famigliari degli anziani. Alcuni esposti sono stati invece presentati dal sindacato Fiadel Sp, che chiede controlli a tappeto nelle Rsa.
Toscana
La procura di Firenze aprirà un fascicolo sul caso della Rsa Gino Incontri di Gambassi Terme, dove sono morti per Coronavirus tre anziani e dove sono risultati positivi 34 ospiti su 35, 13 operatori su 26 e cinque suore su sei. Era stata la Asl Toscana Centro ad accorgersi che qualcosa non tornava nella corretta separazione tra pazienti positivi e negativi e all’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale.
Nei giorni scorsi, sempre a seguito di un esposto della Asl, la procura di Firenze ha aperto un fascicolo sul caso della Rsa Villa San Biagio di Dicomano dove sono deceduti 15 ospiti positivi al Covid-19. Anche in questo caso al momento non ci sono indagati né ipotesi di reato. In Procura sarebbe giunto anche un esposto presentato dal familiare di una persona positiva al Coronavirus che è deceduta. Sarebbe il primo esposto presentato da un privato nel capoluogo toscano.
Puglia
Sono dodici le Rsa finite sotto inchiesta in Puglia, sparse tra le città di Brindisi, Foggia, Lecce, Bari e Trani. Oltre 50 decessi e 600 contagi. Per tutto queste strutture si tratta di indagini conoscitive, cioè senza indagati né ipotesi di reato. Gli accertamenti dei carabinieri riguardano le modalità di gestione delle residenze, a partire dal momento in cui l’emergenza Covid 19 si è diffusa anche in Puglia, il rispetto delle circolari del Ministero della Salute e della Regione Puglia, il corretto utilizzo del personale e la dotazione di dispositivi di protezione individuale. Si indaga anche sulle condizioni cliniche degli ospiti e sulle condizioni igienico-sanitarie delle strutture.
L’appello dei medici di Milano
«Quel che non ci spieghiamo è come sia stato possibile che nessuna Istituzione abbia riflettuto sul fatto che le Rsa sono un concentrato di popolazione a rischio. Tutti si sono dimenticati di noi, salvo accorgersene adesso che, chissà come mai, molti anziani sono deceduti». Lo scrive in una lettera un gruppo di medici della Fondazione Castellini Onlus che gestisce una residenza per anziani a Melegnano (Milano).
Nella lunga lettera, tra l’altro, i medici fanno riferimento ad una delibera della Regione Lombardia del 30 marzo nella quale si dice che è «opportuno» che gli anziani sopra i 75 anni restino nelle Rsa per le cure e non vengano portati nei pronto soccorso. Una decisione, a detta dei medici, «eticamente discutibile». E si domandano: «Dov’erano le Istituzioni quando chiedevamo tamponi che non ci venivano dati, se non col contagocce? Dov’erano le Istituzioni quando i nostri impiegati dell’ufficio acquisti spasmodicamente cercavano di procurare per noi mascherine e dispositivi di protezione introvabili?».
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