Coronavirus, adesso i giovani italiani hanno paura. Il 60% si considera più a rischio di prima – Lo studio
Con il lockdown ancora in corso è troppo presto per capire come sarà la “nuova normalità”, ma si può già misurare l’impatto dell’epidemia di Coronavirus sulle nostre aspettative. E, stando a un’indagine – pubblicata da La Repubblica, promossa dal Ministero per le pari opportunità e condotta da Ipsos – nell’ultimo mese, tra i giovani italiani in età compresa fra 18-34 anni dilaga il pessimismo rispetto al proprio futuro in misura maggiore rispetto ai loro coetanei tedeschi, spagnoli, francesi e britannici.
A cosa siamo pronti a rinunciare
In Italia infatti circa il 60% dei giovani interpellati si sente più a rischio rispetto a prima dell’epidemia, mentre poco più del 30% ritiene che nulla sia cambiato rispetto a inizio febbraio. L’unico Paese che ha percentuali simili alle nostre è la Spagna, mentre sia in Francia che in Germania sono più i giovani che pensano che nulla sia diverso rispetto a prima di quelli che invece si sentono più a rischio, una percentuale che non supera di molto la soglia del 40%.
Tra i progetti di vita più a rischio dopo l’epidemia troviamo il matrimonio, con il 40% degli intervistati italiani che dice di aver abbandonato il programma di sposarsi e, con pochi punti percentuali in meno, di avere un figlio. Più di un giovane su tre in Italia dice di aver rinunciato a cambiare città e ad andare a vivere per proprio conto o a convivere con un’altra persona. Negli altri Paesi presi in esame, le stesse rinunce riguardano un giovane su quattro.
L’unica eccezione è la Spagna che riporta percentuali simili tra chi, per esempio, ha rinunciato ad avere un figlio o chi rinuncerà ad andare a vivere per conto proprio. Un dato sicuramente riconducibile in parte al fatto che di tutti i Paesi dove è stata condotta la ricerca, la Spagna è, insieme all’Italia, quello che riporta tassi di crescita economica più bassi e un tasso di disoccupazione giovanile più alto.
Il pessimismo rispetto al proprio futuro colpisce sopratutto le fasce di giovani più a rischio: si va dal 15% di chi ha un contratto a tempo indeterminato all’oltre 60% di chi lavora in proprio. È presente anche una dimensione di genere: se il 56% degli uomini si aspetta una ricaduta negativa sulla propria vita, la percentuale arriva al 68% tra le donne, più pessimiste sulle proprie prospettive lavorative nel dopo-Covid.
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