Coronavirus, la denuncia di un malato oncologico: «Io, lavoratore autonomo, non ho diritto ai 600 euro del Governo»
«Noi malati oncologici ci sentiamo offesi e umiliati, quasi come se fossimo “sbagliati”. La nostra dignità è stata ancora una volta calpestata, ci sentiamo ancora più malati. Sa che brutto effetto vedersi esclusi?». A parlare è Fabio Salvatore, 44 anni, da 22 anni alle prese con un tumore che «per ora è silente». Ma la lotta continua, o meglio non si è mai fermata. Fabio, romano d’origine ma in quarantena (per il Coronavirus) in Puglia, fa lo scrittore e il regista, e percepisce un assegno di invalidità di appena 200 euro che «devolve interamente in beneficenza».
Cosa è successo
A lui, proprio in questi giorni, sono arrivate diverse segnalazioni di malati oncologici a cui è stato negato il bonus di 600 euro che il governo ha garantito ad autonomi e liberi professionisti schiacciati dalla crisi per la pandemia del Coronavirus. Una cifra che è stata accreditata proprio qualche giorno fa sui conti correnti di milioni di persone e che ha consentito, per esempio, ai titolari di partita Iva di tirare un sospiro di sollievo.
In questo video, inviato lo scorso mese a Open, l’appello di Marta Di Palma, malata oncologica
L’assegno di invalidità
Un bonus di 600 euro che, però, è stato riconosciuto solo ai “sani”. Per assurdo è stato negato ai lavoratori “malati e invalidi”. Sì, perché esistono migliaia di persone che, nonostante la malattia, continuano a lavorare, continuano a pagare contributi ma ovviamente sono costretti a farlo in modalità ridotta.
6 ore anziché 12 perché il corpo provato dalle cure si fa sentire. Ma combattono, in silenzio. Lavoratori, dunque, come tutti gli altri che, in virtù di questo “problema”, si vedono riconoscere dall’Inps un assegno-pensione di invalidità che va, in media, «dai 180 ai 600 euro», spiega Fabio Salvatore.
Badate bene: l’assegno-pensione di invalidità consiste in un’integrazione del reddito professionale, ridotto sensibilmente e all’improvviso dal sorgere della malattia (e di tutte le conseguenze che comporta sia sul piano fisico che mentale). Se prima un lavoratore “sano” fatturava 1600 euro al mese, da “malato” potrebbe scendere a 800. A quel punto l’Inps lo sostiene con alcune centinaia di euro in più.
Dunque, non si tratta di una pensione di anzianità o vecchiaia che, viceversa, viene riconosciuta solo a chi ha cessato la propria attività. Non è questo il caso. Qui si parla di lavoratori, perfettamente operativi ma “limitati” dalla malattia, che versano in condizioni di malattia e percepiscono dunque un piccolo contributo a integrazione di quanto perso per le loro mutate condizioni di salute.
Sono i più esposti al virus
Senza considerare, poi, che i lavoratori “malati e invalidi” devono farsi carico anche di «altri costi sanitari e sociali», come spiega Elisabetta Iannelli, segretario generale di Favo (Federazione italiana associazioni di volontariato in oncologia): «I malati sono stati duramente colpiti da questa pandemia. Loro sono i più esposti al virus, quindi devono stare a casa più di tutti. Non hanno scelta».
«Per me è un momento drammatico, non mi muovo da casa da quando è stato imposto il lockdown. Lo faccio per la mia salute, sono immunodepresso», aggiunge Fabio che, intanto, ha rimandato tutte le visite e i controlli. «Andare in ospedale sarebbe stato troppo rischioso. Molti, come me, hanno preferito o hanno dovuto rimandare tutto. In tanti non sono più andati negli ospedali del Nord, come quelli della Lombardia che tanto hanno fatto in questi anni. Sapete cosa rischiamo a fine pandemia? Che scoppi un’emergenza dell’emergenza. Ci troveremo di fronte a un bollettino di guerra per malattie oncologiche», aggiunge.
«Escludere i malati e gli invalidi? Un pasticcio»
Ma come è possibile che lo Stato abbia deciso di escludere i malati e gli invalidi dal bonus dei 600 euro? «In questo modo hanno mostrato poca sensibilità per il mondo della disabilità. Ma sono convinta che non ci fosse la volontà di escluderli. Sarà stata la fretta, forse una svista a cui, però, bisogna dare una risposta, altrimenti la situazione sarebbe gravemente discriminatoria. Inaccettabile, un pasticcio» dichiara Elisabetta Iannelli a Open.
L’errore probabilmente è stato nell’indicare, in maniera troppo generica, come soggetti esclusi dal bonus i “titolari di pensione”: una dicitura che potrebbe aver generato confusione e forse un’interpretazione troppo restrittiva da parte di Inps e casse previdenziali.
Lavoratori che, adesso, chiedono risposte forti e chiare: non hanno diritto né a cassa integrazione (non sono dipendenti), né a disoccupazione né ad altri ammortizzatori sociali. Avrebbero avuto diritto, forse, al bonus di 600 euro, finora negato. In altre parole rischiano di dover campare con appena 180 euro al mese: tra questi potrebbero esserci persone con disabilità varie o malati oncologici che, con la serrata imposta da oltre 40 giorni, non sanno più come andare avanti.
L’appello al governo
Categorie fragili che, senza lavoro, rischiano di sentirsi ancora più sole. A denunciare quanto sta accadendo sono state prima di tutto le associazioni Favo, Ail, Fand, Fish e Uniamo che hanno inviato una lettera al governo italiano chiedendo chiarimenti: «Appare evidente – si legge nella lettera – che a parità di condizioni lo strumento di tutela è negato in modo discriminatorio ai lavoratori in condizione di maggiore fragilità. Chiediamo al governo una corretta interpretazione del disposto normativo che chiarisca che ad essere esclusi dal bonus sono i lavoratori “titolari di pensione di anzianità o di vecchiaia” e non di “invalidità”».
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