Il Coronavirus “viaggia” con il particolato atmosferico. Crolla l’inquinamento in Italia, ma con la Fase 2 si teme nuovo picco
Il Coronavirus è presente all’interno del particolato atmosferico, le microscopiche particelle che disperdono nell’ambiente anche con i gas di scarico delle auto. In poche parole, se in una determinata zona l’aria è molto inquinata, c’è più probabilità che il virus persista nell’atmosfera.
Con questa scoperta scientifica si «apre la possibilità di avere un indicatore per rilevare precocemente la ricomparsa del Coronavirus e adottare adeguate misure preventive prima dell’inizio di una nuova epidemia», ma una nuova via di contagio è tutta da dimostrare. La ricerca è stata condotta dalla Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima) con le università di Trieste, Bari, Bologna e l’Ateneo di Napoli Federico II.
L’analisi, come spiega Setti, è stata condotta su 34 campioni di PM10 – una delle numerose frazioni in cui viene classificato il particolato – presenti in ambienti industriali diversi della città di Bergamo, in un periodo che va dal 21 febbraio al 13 marzo. Questo esperimento ha permesso di confermare la presenza di materiale virale del Covid-19 sul particolato atmosferico, rilevando geni specifici del virus, utilizzati come campione per condurre l’analisi.
Effetto lockdown: crollo della Co2
Il lockdown fa crollare i livelli di Co2 in tutta Italia. In soli due mesi – marzo e aprile – sono previste oltre 20 milioni di tonnellate di CO2 in meno rispetto all’anno precedente. Un calo che «non è però strutturale, e a fine pandemia c’è il rischio che si inneschi una crescita senza precedenti, che allontanerà l’Italia sempre più dai target dell’accordo di Parigi».
«Per riuscire a essere in linea con Parigi – ha detto Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile – si dovranno mettere in campo politiche e misure tali da garantire livelli di emissione di Co2 paragonabili a quelli di queste ultime settimane. Uno sforzo titanico, necessario per evitare un’altra grande crisi, quella climatica, anche perché la storia insegna che dopo una crisi economica e un calo delle emissioni queste potrebbero tornare a crescere anche più di prima».
I dati
I risultati sono stati raccolti nel rapporto Gli effetti del lockdown sulle emissioni di CO2 in Italia, una prima analisi congiunturale di Italy for Climate, alleanza per il clima fra le imprese italiane della green economy. Una situazione che fa ben sperare, se non forse per una controindicazione: senza misure straordinarie per una ripresa in linea con le misure per contrastare il cambiamento climatico, sarà boom di emissioni nel 2021.
Nello studio si fa riferimento a marzo come mese “ibrido”: il blocco totale era infatti stato attivato da poco. I consumi elettrici della settimana 9-15 marzo sono diminuiti del 5,8% rispetto alla stessa settimana del 2019 e, nella settimana dal 23 al 29 marzo quando le misure restrittive erano ormai a regime, del 21,1%.
Complessivamente nel mese di marzo i consumi di energia sono diminuiti del 15,9% rispetto allo stesso mese del 2019 e le emissioni di CO2 del 17% (5,7 milioni di tonnellate di CO2). Le emissioni di Co2 connesse alla mobilità si sono ridotte, infatti, di quasi 4,5 milioni di tonnellate di Co2, il crollo dei consumi di gasolio è responsabile del 60% di questo calo.
Ad aprile i consumi di energia elettrica nelle prime tre settimane si stabilizzano intorno a un -23% rispetto allo stesso periodo del 2019. I consumi petroliferi crollano del 70% circa e altrettanto le emissioni: solo nel settore trasporti si stimano 7 milioni di tonnellate di Co2 in meno rispetto all’anno precedente.
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