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Coronavirus, la pandemia ha cancellato 10 anni di vita alle vittime italiane del Covid – Lo studio

24 Aprile 2020 - 12:58 Felice Florio
Per ottenere la stima, i ricercatori dell'Università di Glasgow hanno analizzato i dati sull'aspettativa di vita dei deceduti in Italia in base alle malattie croniche pregresse

Sono circa 200 mila i morti da Coronavirus nel mondo. E gli scienziati dell’Università di Glasgow, in Scozia, si sono posti una domanda: come si può tradurre questo numero in termini di anni di vita persi? Lo studio è stato portato avanti utilizzando i dati delle vittime di Covid-19 registrate in Italia. Il risultato è che se le persone morte non avessero contratto il virus avrebbero vissuto in media 10 anni in più. «Poiché la maggior parte delle persone che muoiono a causa del Covid-19 sono anziane e con malattie croniche sottostanti – ha spiegato il dottor David McAllister, a capo del team di ricercatori -, alcuni hanno pensato che il numero effettivo di anni vita persi con l’epidemia fosse relativamente basso».

Gli scienziati hanno dichiarato di aver avvertito la necessità di portare avanti una ricerca di questo tipo perché l’opinione pubblica tende a sottovalutare il rischio di questa malattia, credendo che siano solo gli anziani a dover preoccuparsi del coronavirus. «Questo tipo di risultati sono importanti per assicurarsi che i governi e i cittadini non sottovalutino gli effetti del Covid-19».

Per arrivare alla stima dei 10 anni di vita persi in media dalle vittime del coronavirus, i ricercatori hanno incrociato i dati relativi all’età dei deceduti e alle patologie croniche pregresse. Poi, basandosi sulle tabelle dell’aspettativa di vita stilate dall’Organizzazione mondiale della sanità per ciascuno dei casi clinici, hanno scoperto che le vittime di Covid-19, in media, avrebbero potuto vivere per altri 10 anni.

«Tra le vittime di Covid-19 – ha concluso McAllister -, il numero di anni vita persi appare simile a quello dei malati di cardiopatie coronariche». Lo studio dell’Università di Glasgow è in attesa di una peer review – o revisione paritaria -, ma è stato già pubblicato sulla piattaforma Wellcom Open Research.

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