Il Coronavirus ha cambiato le nostre abitudini. In Cina dopo la pandemia più attenzione allo sport, alla vita sana e al risparmio
La pandemia del Coronavirus costringerà i cittadini di tutto il mondo a cambiare le proprie abitudini. Lo abbiamo sentito dire più volte nelle ultime settimane e in Cina questo è già accaduto, come rivela un sondaggio del China Youth Daily che ha intervistato più di duemila persone. Uno “tsunami” che ha travolto le nostre vite, che ci ha obbligati a rimanere a casa per contenere la diffusione del virus e che, dunque, ci ha imposto di rivedere tutto. Dal lavoro agli svaghi, dai viaggi alla più semplice uscita per andare a fare la spesa. Niente sarà come prima.
Più sport, più vita sana
In Cina, per esempio, il 66,5% degli intervistati (la maggior parte nati tra gli anni ’80 e ’90 e solo un 10,4% negli anni ’70, ndr) ha dichiarato di curare di più l’igiene da quando è scoppiata la pandemia. Più attenzione, dunque, alla pulizia delle mani con l’utilizzo di gel disinfettanti e guanti, soprattutto dopo essere stati a lavoro, al ristorante, o dopo aver viaggiato sui mezzi pubblici. Il 38% dei cinesi, poi, ha spiegato di aver aumentato il proprio interesse per l’esercizio fisico e per una vita sana. In Cina, così come in Italia, con le palestre chiuse e con l’impossibilità di andare nei parchi per allenarsi, in molti hanno riscoperto gli allenamenti a casa, online, dedicando anche solo mezz’ora al giorno al proprio fisico.
Più risparmio
Il 48,5% ha detto di essere diventato un consumatore più razionale durante l’epidemia mentre il 42,1% ha iniziato a prestare più attenzione al risparmio. Basta spese inutili, soprattutto ai tempi del lockdown quando molti settori dell’economia sono stati costretti a fermarsi e molti lavoratori si sono ritrovati all’improvviso a casa, nel peggiore dei casi senza un lavoro, senza uno stipendio.
Più indipendenza
Il lockdown, infine, è stato anche un duro banco di prova per se stessi, per conoscere meglio le nostre forze e le nostre fragilità: in Cina, per esempio, il 35,5% ritiene di essere diventato più indipendente mentre il 19,2% di aver appreso nuove competenze proprio stando a casa.
Cosa ci ha insegnato il Coronavirus
In Italia, in questi 50 giorni abbiamo scoperto l’importanza dello smart working, dunque la possibilità – almeno in alcuni casi – di non recarsi in ufficio. Abbiamo riscoperto la didattica a distanza, dunque Zoom, Microsoft Teams e altre applicazioni, che hanno consentito alle scuole e alle università di andare avanti con i programmi. Abbiamo riscoperto il gusto di cucinare (con il boom nelle vendita di farine e lievito, introvabili per alcune settimane nei supermercati), abbiamo riscoperto l’importanza del tempo, delle relazioni sociali e quindi la necessità quasi impellente delle videochiamate. Infine abbiamo riscoperto il ruolo e soprattutto le condizioni in cui sono chiamati a lavorare, ogni giorno, i medici italiani (prima spesso sotto accusa, ora eroi).
Adesso, però, dovremo rivedere tutte le nostre abitudini: rispettare il distanziamento sociale, continuare a indossare le mascherine, utilizzare meno i mezzi pubblici (che potranno trasportare meno passeggeri) a favore, invece, di bici e monopattini elettrici che evitano, dunque, potenziali assembramenti. E, poi, in vista dell’estate, impareremo di più ad apprezzare il nostro Paese visto che, almeno per il momento, resta difficile ipotizzare un’apertura dei confini nazionali e la conseguente disponibilità degli altri Paesi ad “accogliere” i cittadini di uno degli Stati più duramente colpiti dalla pandemia.
Foto in copertina di Giuseppe Lami per Ansa
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