Fase 2, protesta dei vescovi per lo stop alle messe. Il governo ci ripensa
Il primo ripensamento del governo sul Dpcm per la Fase 2 dell’emergenza Coronavirus riguarderà lo svolgimento delle messe, dopo la protesta dei vescovi italiani sul prolungamento dello stop alle funzioni religiose, fatta eccezione per i funerali che potranno svolgersi con la partecipazione di massimo 15 partenti. Per la Cei la decisione di palazzo Chigi compromette «l’esercizio della libertà di culto». E incalza l’attacco anche il quotidiano dei vescovi, Avvenire, con un editoriale del direttore Marco Tarquinio che parla di «ferita incomprensibile e ingiustificabile» con il mondo cattolico, al quale sarà «difficile far capire perché, ovviamente in modo saggio e appropriato, si potrà tornare in fabbriche e in un uffici, entrare in negozi piccoli e grandi di ogni tipo, andare nei parchi e giardini invece non si potrà partecipare alla Messa domenicale. Una scelta miope e ingiusta».
Così palazzo Chigi nella tarda serata di ieri prova a recuperare, aprendo a una ulteriore valutazione per provare a sviluppare un protocollo di sicurezza anche per le messe, così come già previsto oggi per i posti di lavoro. Un documento che potrebbe arrivare nei prossimi giorni, sempre che si riesca a superare la contrarietà del Comitato tecnico scientifico, che sin da subito ha ribadito i rischi di concedere lo svolgimento delle messe, per le quali aumenterebbero inevitabilmente gli spostamenti. E c’è poi l’ostacolo che più colpisce i cattolici, con il rito dell’Eucarestia che provocherebbe innumerevoli contatti ravvicinati.
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