Coronavirus, «Se si riapre troppo rapidamente 150mila in terapia intensiva». Ma il governo ha sbagliato i conti?
La decisione del governo di un allentamento molto limitato del lockdown causato dal Coronavirus e di una fase 2 ad ‘andamento lento’ avrebbe presupposti statistico-matematici opinabili, se non proprio sbagliati: è quanto sostiene un documento di Carisma – holding di partecipazioni industriali presieduta da Giovanni Cagnoli. L’Istituto Superiore di Sanità replicherà domani, nella conferenza stampa delle 12.
Carisma afferma di aver analizzato il documento del Comitato tecnico scientifico che avrebbe frenato le decisioni dell’esecutivo guidato da Giuseppe Conte su come arrivare alla fatidica data del 4 maggio e gestire l’agognata fase 2, dopo due mesi di serrata. Una relazione di 22 pagine riservata che avrebbe spento l’entusiasmo di chi sperava di riaprire se non tutto, certo più di quanto poi fatto con il decreto del presidente del Consiglio dei Ministri dello scorso 26 aprile.
«I conti non tornano»
Secondo Carisma i conti fatti dal Cts non tornerebbero, spiega un articolo de Linkiesta.it. Ci sarebbe un «macroscopico errore di calcolo». E anche se non ci fosse, gli scenari ipotizzati dal documento del Comitato non sarebbero poi ‘così male’: sì, riaprire farebbe ripartire la curva dei contagi. Ma il sistema terrebbe.
«Il modello in 45 dei 46 scenari esaminati conclude che le previsioni di picco della terapia intensiva sono significativamente inferiori alla capacità nazionale» ormai di circa 9mila posti, come confermato anche dal commissario straordinario Domenico Arcuri oggi in videoaudizione a Montecitorio – «salvo poi raccomandare uno scenario di apertura molto lento», si legge nella nota di Carisma. Quello per cui il governo e Giuseppe Conte hanno di fatto optato.
Il presunto «errore di calcolo»
La holding di industriali, 14 aziende e oltre mille dipendenti, il cui presidente Cagnoli fin dall’inizio della serrata si spende a favore della ripartenza dell’economia, mette le mani avanti: la controanalisi dei numeri su cui sarebbero state basate le decisioni del governo su come e quanto riaprire viene proposta da Carisma «a mero titolo di dibattito statistico». Disclaimer o no, quello che si sostiene di aver rinvenuto un importante errore di calcolo all’interno del documento del Comitato tecnico scientifico guidato da Franco Locatelli.
L’ipotesi del Cts, in quel documento, è che riaprire tutto il paese, il ‘liberi tutti’ insomma, porterebbe con sè il rischio di arrivare a 151mila pazienti in terapia intensiva a giugno: il collasso del sistema, con un inimmaginabile costo in vite umane. Ma quel numero, dicono da Carisma, su presupposti statistico-matematici, sarebbe verosimile se la popolazione italiana fosse non già di 60 milioni ma 260 milioni di persone, di cui 150 milioni over 20.
Ifr
Il testo del Cts si basa sull’ipotesi di un tasso di letalità dei contagi (Ifr) dello 0,657%, e calcola la probabilità per età che ogni infezione abbia bisogno di terapia intensiva. «Non essendo scienziati e virologi e non lavorando per il governo ci siamo sicuramente sbagliati», chiosano da Carisma non senza ironia. «Vorremmo però che qualcuno correggesse la nostra semplice matematica, basata su parametri di ifr (0,657%) che potrebbero essere anche inferiori sulla base dell’esperienza internazionale (New York, Singapore, Diamond Princess, Qatar, Islanda) e su una serie di altre assunzioni del modello, in particolare quella relativa alla chiusura delle scuole».
Con l’Ifr ipotizzato dal documento del Cts, il numero delle morti ufficiali in Lombardia al momento del picco della terapia intensiva, il 3 aprile scorso – 8.311 – corrisponderebbe a 1.385.000 contagiati. «Ora, poiché i casi di terapia intensiva in Lombardia al momento del picco sono stati 1.381, si desume quindi che l’incidenza tra casi di terapia intensiva e infezione sarebbe mediamente dello 0,1%». Il grafico del documento del Cts che sarebbe alla base di tutto il ragionamento a favore della continuazione del lockdown e del modello su cui si basa il lavoro del comitato «presuppone quindi un’incidenza per fascia di età che, anche se stimata a zero fino a 60 anni, arriverebbe a circa 0,3% mediamente oltre i 60 anni di età», si legge ancora della nota della holding di industriali.
Nel grafico in questione, insomma, «tale incidenza oscilla tra 1% e 6% (mediamente 3,5%) con un errore di almeno 10 volte!!!». Anche con l’ipotesi che – prosegue il ragionamento – «il fabbisogno di letti di terapia intensiva in Lombardia sia stato 2.000 e non 1.381 l’errore resta superiore a 6 volte. Analizzando la situazione del Veneto, dove non c’è stata scarsità di letti di terapia intensiva, l’errore resta di 6 volte».
Con questi calcoli si arriva allo scenario di 151.231 casi di terapia intensiva all’8 giugno e a più di 440mila casi totali cumulati al 31 dicembre. Ma questo, nei controcalcoli di Carisma, si traduce in «150 milioni di cittadini (151k/0,1%) con età superiore a 20 anni – perché come noto sotto tale età l’incidenza della terapia intensiva è trascurabile» con una stima della popolazione italiana di 200 milioni di persone. «Vorremmo conoscere i 200 milioni di connazionali a noi ignoti», ironizza la holding.
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