Guanti e mascherine ai bordi delle strade. Con la pandemia crescono i rifiuti e aumentano i rischi per ambiente e salute
Mascherine e guanti in lattice gettati ai bordi dei marciapiedi, uno scenario ormai ricorrente nella quotidianità della quarantena che rischia di peggiorare con la Fase 2. Gran parte dei materiali sanitari usa e getta adoperati per far fronte all’emergenza Covid, infatti, vengono abbandonati fuori dalle abitazioni, per strada come in mezzo alla natura.
L’allarme, che era già stato lanciato a fine febbraio dal co-fondatore di OceansAsia, Gary Stokes, viene ora ribadito da Legambiente. E i pronostici sul futuro confermano le preoccupazioni degli esperti: secondo uno studio del Politecnico di Torino, per la ripartenza in Italia serviranno 960 milioni di mascherine, mezzo miliardo di guanti e oltre 9 milioni di litri di gel igienizzante al mese. Numeri enormi che rischiano di avere un impatto disastroso sull’ambiente.
«Negli ultimi giorni si sono moltiplicate le segnalazioni di chi li abbandona in particolare per strada, sui marciapiedi, nei parcheggi dei supermercati, vicino alle farmacie e nei pressi dei pochi esercizi commerciali aperti. Nel bel mezzo della crisi sanitaria, purtroppo molti cittadini si stanno lasciando andare a comportamenti incivili e inaccettabili, e tutto questo non è più tollerabile», fa sapere Legambiente Marche, a cui fanno eco altre regioni.
«Riceviamo sempre più fotografie di dispositivi abbandonati per strada», denuncia Mariateresa Imparato, presidente di Legambiente Campania. «Ogni tre passi si trova un guanto. Prima dell’emergenza monitoravamo la situazione delle spiagge, contando uno ad uno i rifiuti. Ora basterebbe farlo sotto i palazzi». Rilancia Fausto Ferruzza, presidente di Legambiente Toscana: «Siamo sorpresi e amareggiati».
Pvc, lattice e plastica monouso: i dispositivi rischiano di finire nei nostri mari
Il rischio di comportamenti simili è duplice. Da un lato c’è il danno ambientale, dato che la maggior parte dei dispositivi abbandonati sono realizzati in fibre di polipropilene o poliestere – cioè plastica – oppure in lattice, nitrile, Pvc o altri materiali sintetici. Tutti prodotti che, se non correttamente smaltiti, alla prima pioggia rischiano di finire nei tombini andando direttamente a inquinare fiumi, laghi e mari.
«Siamo in prima linea in questi giorni anche per affrontare quei problemi che il Covid-19 sta determinando nel campo dei rifiuti», ha detto il ministro dell’Ambiente Sergio Costa in un video trasmesso in streaming. «Le persone che abbandonano oggi questi oggetti sono le stesse che prima abbandonavano altri rifiuti per strada senza alcun rispetto né per la salute né per l’ambiente. Certo che oggi, dato il tipo di rifiuto potenzialmente infetto, questo atteggiamento è ancora più grave».
Già, perché ai rischi per l’ambiente si somma anche il potenziale danno sanitario, dato che si parla di rifiuti potenzialmente infetti che andrebbero dunque smaltiti nell’indifferenziata. Le indicazioni dell’Istituto superiore di sanità sul tema sono molto chiare: mentre soggetti positivi devono interrompere la differenziata, per tutti gli altri la raccolta prosegue regolarmente ma le mascherine, i guanti e i fazzoletti vanno rigorosamente gettati nell’indifferenziata.
A Wuhan un impianto per smaltire i rifiuti sanitari. E in Italia?
Il tema dello smaltimento dei rifiuti diventa sempre più grande e delicato man mano che passano le settimane. Non è un caso che a Wuhan, il primo focolaio del Coronavirus, la autorità non abbiano costruito solo nuove strutture per ospitare i pazienti Covid, ma anche nuovi impianti per smaltire e trattare i rifiuti medici. A causa dell’emergenza, infatti, gli ospedali arrivano a generare più delle doppio dei rifiuti rispetto a qualche mese fa – durante il picco, a Wuhan, si è arrivati a sei volte tanto.
Le preoccupazioni non riguardano solo i rifiuti prodotti dalle strutture ospedaliere, già attrezzate per far fronte ai rischi sanitari, ma anche e sopratutto quelli domestici, visto l’elevato numero di persone infette che – vuoi perché asintomatiche o con sintomi minori, vuoi perché mai sottoposte a tampone – trascorrono la degenza a casa. Al personale preposto alla raccolta rifiuti urbani, infatti, l’OMS raccomanda l’utilizzo di protezioni maggiori del solito.
Insomma, anche se al momento «non ci sono prove che il contatto umano diretto e non protetto durante la gestione dei rifiuti sanitari abbia portato alla trasmissione del virus Covid-19», come fa sapere un rapporto tecnico dell’Oms del 19 marzo, man mano che la pandemia cresce aumentano anche i rifiuti e con loro i rischi per l’ambiente e quelli – al momento solo potenziali – per la salute. Ecco perché il corretto smaltimento della spazzatura sarà una delle principali sfide della ripartenza.
Il parere degli esperti:
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