Libano, le proteste dopo due mesi di lockdown si fanno più violente. Prese d’assalto le banche
In Libano dopo due mesi di tregua a causa del lockdown da Coronavirus, sono riprese le proteste anti-governative, iniziate a ottobre del 2019. Ma sono ripartite con maggiore veemenza e violenza di prima, presentando al mondo un esempio di come l’epidemia possa esacerbare tensioni sociali esistenti. I manifestanti hanno preso di mira le banche dopo che il valore della lira libanese è crollato del 50% negli ultimi sei mesi. A rendere la situazione ancora più esplosiva è stata l’azione repressiva dell’esercito, che ha portato al ferimento di decine di manifestanti e anche all’uccisione di un giovane di 26 anni, sulla cui morte il governo ha espresso rammarico e ha detto di aver avviato un’indagine.
La fame dei manifestanti
Prima dell’inizio della pandemia, che nel Paese ha fatto registrare 721 casi e 24 morti (dati John Hopkins), la Banca Mondiale aveva previsto che il 45% dei cittadini sarebbe stata al di sotto della soglia di povertà nel 2020. Adesso, il governo libanese ritiene che il virus della povertà potrebbe arrivare a contagiare fino al 75% dei cittadini: parliamo di oltre 4 milioni di persone su una popolazione di circa 6 milioni, che necessiteranno di aiuti speciali per sopravvivere.
A inizio marzo il premier Hassan Diab – nominato dopo che il suo predecessore era stato costretto alle dimissioni circa tre mesi prima, proprio a causa delle manifestazioni anti-governative – aveva annunciato il default il 9 marzo di fronte all’impossibilità di ripagare i debiti che ammontavano a 1,2 miliardi di dollari, promettendo che il governo avrebbe presto avviato dei negoziati con i propri creditori. Con il debito alle stelle – pari a circa il 170% del prodotto interno lordo – e l’afflusso di moneta estera in calo, le banche avevano imposto nuove limitazioni ai prelievi e ai trasferimenti di dollari, controlli che restano tuttora in vigore anche se non sono mai stati ufficializzati.
Durante il lockdown, la lira libanese ha continuato a perdere valore facendo balzare in alto i prezzi dei beni e dei generi alimentari e portando molte famiglie alla fame. Non a caso tra le città che hanno visto maggiori scontri c’è Tripoli, la seconda più popolosa e povera del Paese. La crisi naturalmente non sta colpendo tutti in egual misura. Lo scorso fine settimana il premier Hassan Diab ha annunciato che a gennaio e febbraio 2020, circa 5,7 miliardi sono stati trasferiti dalle banche, formalmente a corto di liquidità: una prova che le élite del Paese riescono ad aggirare i controlli. Inoltre, gli aiuti predisposti dal governo stentano ad arrivare, andando a colpire la fascia di popolazione più a rischio. Secondo l’International Rescue Committee, l’87% dei profughi nel Paese è a corto di cibo.
L’assalto alle banche e gli scontri con l’esercito
Nonostante le misure di lockdown siano state prolungate fino all’10 maggio, le proteste hanno ripreso la settimana scorsa. Da quel momento la polizia e l’esercito sono intervenuti più volte per sedare le manifestazioni e smantellare i blocchi stradali. Questa settimana centinaia di persone sono scese per strada in varie città, dalla capitale Beirut a Nabatiye e Sidone, nel Sud, come anche a Tripoli.
Nel corso degli ultimi giorni almeno una dozzina di banche in tutto il Paese sono state incendiate e vandalizzate. A Tripoli – dove il 28 aprile è stata annunciata una chiusura emergenziale di tutte le banche nella città – i dimostranti hanno cominciato a dar fuoco ad alcune filiali dopo che un manifestante di 26 anni, Fouaz al-Semaan, è morto negli scontri avvenuti il giorno precedente. Secondo la sorella di al-Semaan, sarebbe stato l’esercito libanese ad uccidere suo fratello, un’accusa che non è stata né smentita né confermata.
Nei giorni scorsi però i social media sono stati inondati da immagini e video che mostrano l’azione repressiva violenta da parte dell’esercito libanese. Un video girato nella città di Tripoli mostra i soldati sparare in aria, colpendo diversi edifici. Secondo i dati dell’esercito libanese, almeno 54 soldati sarebbero rimasti feriti negli scontri di martedì sera. Per il momento non ci sono però dati certi sul numero di feriti tra i manifestanti. Dalle foto delle proteste si evince che tra loro ci sono molti giovani che, come era avvenuto anche in altri paesi, dall’Algeria all’Iran, nel 2019, sono scesi in strada per protestare contro il governo, chiedendo maggiore democrazia e prospettive di vita migliore.
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