Omicidio Cerciello, disposta la perizia psichiatrica per Finnegan Lee Elder: a farla sarà il perito del caso Cucchi
Nessuna chiamata, nessun collegamento tra i pusher e i carabinieri. È quanto ha testimoniato oggi a Roma il comandante del nucleo investigativo dell’Arma, il colonnello Lorenzo D’Aloia, nell’ambito del processo a Finnegan Lee Elder e a Gabriel Natale Hjorth, i due ventenni americani accusati di concorso in omicidio volontario, lesioni, tentata estorsione e resistenza a pubblico ufficiale nel processo sull’omicidio del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega.
D’Aloia è a capo della squadra che ha svolto le indagini su quello che è accaduto nella notte tra il 25 e il 26 luglio 2019. Quando cioè, alle 3 di notte, Cerciello Rega viene ucciso con 11 coltellate – in 32 secondi, dirà l’autopsia – nel quartiere Prati di Roma.
Dalle analisi dei tabulati telefonici di due anni – dalla notte dell’omicidio fino al 25 luglio 2017 – non sarebbero, dice, emersi collegamenti antecedenti di sorta tra i sei carabinieri intervenuti quella notte – tra cui il vicebrigadiere ucciso e il suo collega, Andrea Varriale, con lui al momento dell’omicidio – e quelli che sono stati chiamati dalle cronache i “pusher” e gli intermediari. Una notizia accolta con favore dalla difesa della famiglia di Cerciello Rega, perché contribuisce a «fugare ogni dubbio sull’operato dei due carabinieri».
«Non ci siamo resi conto che fossero due carabinieri», ribadiscono i due accusati, che in queste udienze a porte chiuse per le disposizioni causate dalla pandemia di Covid-19 seguono il dibattimento in videocollegamento. I due ventenni di San Francisco sostengono fin dal primo momento che Cerciello e Varriale – che erano in borghese – si erano presentati quella notte senza qualificarsi all’appuntamento per recuperare lo zaino sottratto a Sergio Brugiatelli, l’intermediario dei pusher che ne aveva denunciato il furto.
Caso Cerciello e caso Cucchi
Nel frattempo il caso Cerciello si incrocia, per la seconda volta, con quello Cucchi. Uno dei legali di Natale Hjorth, Francesco Petrelli, era stato criticato perché nel processo Cucchi bis era l’avvocato di Francesco Tedesco, imputato per omicidio preterintenzionale insieme con i colleghi Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro – e poi superteste che racconta in aula il violentissimo pestaggio.
Ora Vittorio Fineschi: il direttore della Scuola di specializzazione in Medicina legale dell’università La Sapienza è stato infatti nominato dalla Corte d’Assise di Roma perito nel processo sulla morte del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega. Insieme allo psichiatra Stefano Ferracuti dovrà stabilire se Finnegan Lee Elder, il ventenne americano accusato insieme a Gabriel Natale Hjorth per la morte di Cerciello Rega, era in grado di intendere e di volere quella notte.
La perizia psichiatrica è stata suggerita dall’operato della difesa di Finn degli avvocati Roberto Capra e Massimo Borzone, ed è stata confermata durante l’udienza di oggi. L’imputato, spiegano i difensori, al momento dei fatti stava seguendo una cura assumendo psicofarmaci per curare attacchi di panico. Per i risultati della perizia bisognerà aspettare fino al 22 luglio.
Fineschi è stato medico legale già consulente di parte civile della famiglia di Stefano Cucchi. «Vogliono trasformare l’omicidio da parte di due americani del vicebrigadiere Cerciello in un nuovo processo all’Arma dei carabinieri, che ha subito in quel caso la sua ennesima vittima?», attacca in queste ore il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri. Il lavoro di Fineschi, nel processo Cucchi bis – terminato con la condanna a 12 anni ai carabinieri Raffaele D’Alessandro e Alessio Di Bernardo – contribuisce a mettere nero su bianco che «senza il pestaggio subito» la sera tra il 15 e il 16 ottobre del 2009, Stefano Cucchi «non sarebbe morto».
Fineschi «è un grandissimo professionista e siamo certi che il suo operato sarà limpido e cristallino», dice Massimo Ferrandino, legale di Rosa Maria Esilio, vedova di Cerciello. «Ci fidiamo dell’operato scrupoloso e serio della corte».
Le altre perizie
«Accogliamo con favore una valutazione imparziale e indipendente dei fatti di questo caso, che si tratti della revisione dell’autopsia, delle traduzioni o di qualsiasi altra questione pertinente alla valutazione della credibilità della storia dei carabinieri o del racconto di Finnegan sulla notte dell’incidente», commenta Craig Peters, legale americano della famiglia di Finnegan Lee Elder.
Peters si riferisce al fatto che la Corte ha disposto oggi una perizia anche sui colloqui nel carcere di Regina Coeli che lo stesso Elder Lee ha avuto l’estate scorsa dopo l’arresto con il padre Sean e con Peters: secondo la difesa del ragazzo, quelle intercettazioni ambientali sono state tradotte male e mancano, nel fascicolo inviato alla Procura, di «alcune parti fondamentali». «Il nostro scopo è che si accerti a 360 gradi cosa sia davvero successo quella notte. Non capita spesso che sia la difesa a chiedere la produzione completa delle intercettazioni ambientali predisposte dalla Procura», dicono gli avvocati Borzone e Capra.
In copertina ANSA | I funerali di Mario Cerciello Rega
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