Coronavirus. Se sviluppiamo gli anticorpi, perché qualcuno si ammala di nuovo? Facciamo chiarezza
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Ci avete segnalato dei post dove diversi influencer manifestano confusione, riguardo a delle news apparentemente contraddittorie sulla capacità delle persone di sviluppare gli anticorpi contro il SARS-CoV2, e il fatto che alcuni pazienti si sarebbero nuovamente ammalati.
In realtà questa confusione si spiega solo con la superficialità con cui – persino chi si occupa di fare informazione – affronta i temi legati alla pandemia di Covid-19.
Sintesi
- Spieghiamo, attraverso le nostre precedenti analisi, in cosa consiste questo “mistero” dei pazienti che tornano a risultare malati, nonostante gli anticorpi, e cosa sappiamo davvero riguardo all’immunità;
- Il problema di accertare le dinamiche di immunità – in questo contesto – è scollegato da quello del periodo di convalescenza nei pazienti;
- Nel momento in cui scriviamo, come vedremo, non è stata dimostrata l’esistenza di vere e proprie ricadute.
Quando finisce la convalescenza?
Tutto parte dal recente articolo di Nature Medicine di cui fa menzione Roberto Burioni su Twitter. I ricercatori hanno visto che tutti sviluppano gli anticorpi entro la 22esima giornata, di classe “M” e/o “G”: quando il nostro organismo viene infettato da un virus, entrano in azione le immunoglobuline (Ig); ne esistono di diversi tipi, a noi interessano le IgM e IgG.
Generalmente le IgM agiscono subito nel riconoscere gli antigeni virali, ma sono di breve durata; arrivano poi le IgG che permangono a lungo. I vaccini fanno credere al Sistema immunitario di essere sotto attacco, provocando la stessa reazione.
Solitamente quando i test sierologici trovano le IgM significa che il paziente ha una infezione recente (malati, convalescenti e guariti), se risultano solo le IgG viene ritenuto guarito o convalescente. Oggi possiamo essere sicuri – al netto di margini d’errore minimi – della positività di un paziente, cercando direttamente le tracce genetiche del virus attraverso la Pcr.
Va precisato che trovare tracce del virus, non significa determinare se questo è attivo o meno – mentre possono aiutarci nel capire la vera entità della pandemia – questa è una delle ragioni per cui gli allarmismi riguardo alla presenza del virus a grandi distanze nell’aria, o nelle superfici, lasciano il tempo che trovano.
Sapere quando finisce il periodo di convalescenza era già incerto, con lo studio di Nature capiamo meglio il perché: nell’ampia casistica studiata dai ricercatori, le Ig in pratica si manifestano entrambe subito, cosa che potrebbe far confondere i convalescenti coi guariti effettivi. Poi c’è sempre il problema degli asintomatici.
Inoltre, gli autori precisano di non sapere se le IgG garantiscono l’immunità, perché dallo studio non è stato possibile accertare se fossero neutralizzanti. Quindi, contrariamente a quanto si potesse pensare, nessuno ha accertato un effetto immunizzante nei pazienti ritenuti guariti, fatto salvo per le cattive interpretazioni del tweet di Burioni che sono circolate nei media.
Ne consegue che gli studi osservazionali sul plasma dei pazienti guariti non sono conclusivi per comprendere il ruolo degli anticorpi.
Quanto dura l’immunità?
Abbiamo comunque buone ragioni per ritenere che gli anticorpi ci rendano effettivamente immuni, visto che le strategie di distanziamento sociale stanno dando buoni frutti.
Come abbiamo visto, resta anche l’enigma dei convalescenti, che rende problematico il rilascio di eventuali «passaporti dell’immunità». Succede quindi – come registrato tempo fa anche in Cina – che pazienti ritenuti «virologicamente guariti», risultino invece «nuovamente malati».
È dimostrato quindi che gli anticorpi non sono neutralizzanti? No, molto probabilmente quei pazienti non avevano cessato affatto di essere positivi. Questa è la spiegazione più sensata ai nove pazienti tra Lodi e Cremona, che apparentemente avrebbero avuto delle «ricadute».
Si dibatte piuttosto sulla possibilità che, nel periodo finale della convalescenza, il Sistema immunitario abbassi la guardia, permettendo al virus di riattivarsi nel breve periodo, ma senza dare luogo a un ritorno vero e proprio della malattia. Tutte ipotesi che attendono di essere verificate.
L’enigma dei bambini e della risposta immunitaria
A rendere le cose più confuse è la mancanza di dati sierologici sui bambini. Non deve preoccuparci per loro – sono i soggetti infinitamente meno a rischio – mentre a noi tornerebbe utile sapere come farebbe il Sistema immunitario dei più piccoli, a “pulire” più rapidamente il virus dall’organismo, tanto da non dargli il tempo di sviluppare gli anticorpi. Anche queste però sono ipotesi in attesa di essere confermate.
Sta di fatto che i maggiori problemi li abbiamo quando c’è una risposta robusta delle nostre difese immunitarie, tanto da innescare la famigerata «tempesta di citochine», su cui si è altrettanto ricamato. Per questo siamo certi dello sviluppo di anticorpi solo nei pazienti che hanno necessitato l’ospedalizzazione, rischiando la morte.
Conclusione: le presunte ricadute in Italia spiegate
Ora dovremmo essere in grado di comprendere i recenti titoli di alcune testate nazionali:
«Pazienti guariti dal Covid si ammalano di nuovo: 9 casi tra Lodi e Cremona. Test sierologici, Gallera: “Maggioranza cittadini non immune”».
Del resto, gli articolisti si basano su fonti indirette raccolte dagli ospedali:
«Le segnalazioni da ospedali di due delle zone della Lombardia più colpite: pazienti dimessi dopo essere risultati negativi ai tamponi che hanno avuto di nuovo polmoniti da Covid tanto da dover essere nuovamente ricoverati in alcuni casi».
Il fatto che la maggioranza dei cittadini non risulti immune si spiega invece banalmente col fatto che in assenza di un vaccino, solo chi si ammala potrà sviluppare gli anticorpi. Auspichiamo – visti i tempi – maggiore attenzione da parte dei titolisti, al fine di non alimentare la confusione – già alta – tra i cittadini.
Open.online is working with the CoronaVirusFacts/DatosCoronaVirus Alliance, a coalition of more than 100 fact-checkers who are fighting misinformation related to the COVID-19 pandemic. Learn more about the alliance here (in English).
Il parere degli esperti:
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