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#Datecivoce: il flash mob per la parità di genere nella Fase 2 e nella lotta al Coronavirus

02 Maggio 2020 - 21:06 Angela Gennaro
La richiesta: valorizzare «le differenze attraverso l'applicazione delle leggi sulla parità di genere in tutti i luoghi decisionali del Paese e in particolare nelle commissioni 'task force'»

Virtuale, in tempi di Coronavirus, ma pur sempre una protesta. Tante sono state – e continuano a essere – le adesioni al flashmob on line #DateciVoce. Dalla politica, dalla cultura all’economia: da Laura Boldrini a Emma Bonino, al suo primo selfie, da Carlo Calenda a Valeria Fedeli. La richiesta è chiara, e non dovrebbe neppure essere una richiesta: l’equilibrio di genere nei luoghi dove si decide e nelle istituzioni.

La richiesta è chiara: «che vengano valorizzate le differenze attraverso l’applicazione delle leggi sulla parità di genere in tutti i luoghi decisionali del Paese e in particolare nelle commissioni ‘task force’». Perché tutte e tutti abbiamo negli occhi, per esempio, le immagini delle tante conferenze stampa di soli uomini, dove al massimo le donne svolgono il ruolo (fondamentale, ma di servizio e mai di gestione o decisione) della traduzione nella lingua dei segni per le persone sorde. E nelle task force istituite per affrontare la difficile crisi epocale che il paese sta affrontando, la presenza delle donne è ancora lontana dall’essere significativa. Mentre il 68% del personale sanitario infettato in corsia, in prima linea nella lotta al virus e negli ospedali, è proprio donna.

La fase 1 è andata. Ora – è la battaglia – è tempo che la fase 2 segni un cambio di passo. Per tutto il paese.

Il flash mob

«Sono migliaia le persone, uomini e donne che, ad ogni livello e di diversa provenienza, stanno partecipando al flashmob per esigere il rispetto degli articoli 3 e 51 della Costituzione della Repubblica Italiana e per il diritto delle donne a essere rappresentate», sottolineano le promotrici di DateciVoce. L’hashtag in mattinata era alle prime posizioni tra i trending topic su Twitter.

Il costo complessivo per l’Italia della sottoutilizzazione del capitale umano femminile è pari a 88 miliardi di euro, cioè al 5,7% del Pil, il 23% di tutta la ricchezza persa in Europa a causa della discriminazione di genere, ricorda su Twitter il Forum Donne Articolo Uno Emilia Romagna.

«Ci aspettiamo dal presidente del Consiglio, che si è definito ‘Avvocato del popolo’, il rispetto di quel diritto di rappresentanza che sta nella nostra Costituzione, nonché in diverse leggi, tra cui la Legge 120/11 detta Golfo-Mosca. Noi non ci fermeremo se non a risultato ottenuto». Perché non si tratta di un capriccio, ma di rappresentanza e democrazia.

Solo poche ore fa un gruppo di accademiche e ricercatrici di livello internazionale ha pubblicato un appello sul Corriere della Sera per chiedere maggior equilibrio di genere nelle commissioni tecniche impegnate nella lotta a Covid-19. Le firmatarie, una settantina, fanno parte in maggioranza della lista «Top Italian Scientists».

«Ho depositato insieme a 42 deputate un’interrogazione parlamentare al governo per chiedere di rispettare la parità di genere nelle task force e più in generale in tutti gli organismi decisionali e nel lavoro», dice Laura Boldrini su Twitter.

Sono tanti, e non solo di donne, i selfie in mascherina sulla pagina Facebook, su Instagram e Twitter con l’hastag #DateciVoce. Perché l’Italia «non vuole una politica monogenere».

Tra le prime firmatarie e promotrici dell’appello l’economista Azzurra Rinaldi. Al momento hanno aderito 107 tra associazioni e organizzazioni firmatarie, migliaia di cittadini e cittadine e nomi illustri di politica, cultura, imprese e sport. Tra gli altri: Carlo Robiglio, Enrico Cereda, Mario Mantovani, Anna Maria Tarantola, Piero Chiambretti, Michela Marzano, Josefa Idem, Francesca Faedi, Tosca, Susanna Camusso, Francesca Cavallo.

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