Istat-Iss, a marzo +49,4% di morti. Ma per il 46% non c’è ancora spiegazione chiara sulle cause del decesso
Siamo abituati alla straziante conta quotidiana dei contagi e decessi da Coronavirus sulla base dei dati forniti dall’Istituto superiore di Sanità, dalle Regioni e dalla Protezione civile. Ma verrà il momento in cui si potranno fare dei calcoli a “mente fredda”, cercando anche di capire meglio quale sia il reale rapporto tra i casi e i le morti da Covid confermati, quelli “invisibili” e il numero complessivo delle persone decedute in questa pandemia.
Un primo tentativo in questo senso è stato fatto dall’Istat e dall’Istituto superiore di Sanità (Iss) che, confrontando i dati del primo trimestre del 2020 rispetto all’anno precedente, hanno rilevato un aumento delle morti del 49,4% per il mese di marzo. Se si prende in considerazione il periodo che va dal primo contagio Covid accertato (il 20 febbraio) al 31 marzo, i decessi passano da 65.592 (media periodo 2015-2019) a 90.946, nel 2020. L’eccesso di decessi è quindi di 25.354 unità, di cui però “soltanto” il 54% è costituito dai morti diagnosticati Covid-19: 13.710 in totale.
I decessi: sono 11.600 i decessi ancora da spiegare
Numeri che contengono una realtà complessa. Se teniamo conto dei soli decessi Covid, sono circa 13.700 i decessi di individui con diagnosi confermata nel primo trimestre 2020. Si tratta quindi della mortalità “diretta” che può essere attribuita alla pandemia ancora in corso, pressoché in linea con i dati di fine marzo/inizio aprile che davano la mortalità complessiva a 13.155. (dati del 1° aprile). È utile ricordare in questo senso che l’analisi condotta dall’Istat e dall’Iss è stata fatta su 6.866 Comuni, ovvero sull’87 % dei 7.904 complessivi.
Ma il totale di morti per il periodo è di 90.946 e l’eccesso rispetto alla media degli anni precedenti è di 25.354 unità. Esiste dunque una quota ulteriore di circa 11.600 decessi per la quale non esiste ancora una chiara spiegazione. «Possiamo, con i dati oggi a disposizione, soltanto ipotizzare tre possibili cause», si legge nel rapporto.
«Una ulteriore mortalità associata a Covid-19 (decessi in cui non è stato eseguito il tampone), una mortalità indiretta correlata a Covid-19 (decessi da disfunzioni di organi quali cuore o reni, probabili conseguenze della malattia scatenata dal virus in persone non testate, come accade per analogia con l’aumento della mortalità da causecardio respiratorie in corso di influenza) e, infine, una quota di mortalità indiretta non correlata al virus ma causata dalla crisi del sistema ospedaliero e dal timore di recarsi in ospedale nelle aree maggiormente affette».
Cosa ci dice l’incidenza regionale
A suffragare l’ipotesi che l’eccesso di decessi sarebbe attribuibile in gran parte, direttamente e indirettamente, al Coronavirus, è anche la loro diffusione geografica. Il 91% dell’eccesso di mortalità riscontrato a livello medio nazionale nel mese di marzo 2020 si concentra infatti principalmente nelle aree ad alta diffusione dell’epidemia.
All’interno di questo raggruppamento le province più colpite dal virus hanno pagato un prezzo altissimo in vite umane, con incrementi percentuali dei decessi nel mese di marzo 2020, rispetto al marzo 2015-2019, a tre cifre: Bergamo (568%), Cremona (391%), Lodi (371%), Brescia (291%), Piacenza (264%), Parma (208%), Lecco (174%), Pavia (133%), Mantova (122%), Pesaro e Urbino (120%).
Nelle aree a media diffusione dell’epidemia (1.778 Comuni, 35 province prevalentemente del Centro-Nord) l’incremento dei decessi per il complesso delle cause nel periodo 20 febbraio-31 marzo è molto più contenuto: si va da 17.317 a 19.743 (2.426 in più rispetto alla media 2015-2019). Circa la metà, il 47%, è attribuibile ai morti risultati positivi al Covid-19 (1.151). Infine, nelle aree a bassa diffusione (1.817 comuni, 34 province per lo più del Centro e del Mezzogiorno) i decessi del mese di marzo 2020 sono mediamente inferiori dell’1,8% alla media del quinquennio precedente
Si ammalano di più le donne ma muoiono più uomini
Trova conferma nei dati il fatto che il virus tende a fare più decessi tra gli uomini, soprattutto tra coloro che sono più avanti con l’età. L’eccesso di mortalità più consistente si riscontra infatti per gli uomini di 70-79 anni: i decessi aumentano di circa 2,3 volte tra il 20 febbraio e il 31 marzo; segue la classe di età 80-89 (quasi 2,2 volte di aumento).
L’incremento della mortalità nelle donne è invece più contenuto per tutte le classi di età. Raggiunge il 20% in più della media degli anni 2015-2019 alla fine di marzo, tanto per la classe di età “70-79” che per la “90 e oltre”. Questo nonostante la maggioranza dei casi – il 52,7% (104.861) – sia di sesso femminile.
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