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Coronavirus, il Garante della privacy: «I datori di lavoro non possono fare i test sierologici ai dipendenti»

14 Maggio 2020 - 15:21 Felice Florio
Mascherine a lavoro
Mascherine a lavoro
Solo un medico competente in materia può chiedere ai lavoratori di sottoporsi a esami diagnostici

È intervenuta l’Autorità garante per la privacy, attraverso le Faq sul suo sito, a chiarire fino a che punto i datori di lavoro possono spingersi per controllare la salute dei dipendenti durante l’emergenza Coronavirus. Un limite invalicabile per il Garante è quello di sottoporre i dipendenti al test sierologico.

«Il datore di lavoro può richiedere ai propri dipendenti di effettuare test sierologici solo se disposto dal medico competente o da altro professionista sanitario in base alle norme relative all’emergenza epidemiologica. Solo il medico del lavoro infatti, nell’ambito della sorveglianza sanitaria, può stabilire la necessità di particolari esami clinici e biologici».

Insomma, la responsabilità di sottoporre i propri lavoratori a qualsivoglia diagnosi deve essere in capo al personale sanitario. E sempre il medico competente «può suggerire l’adozione di mezzi diagnostici, quando li ritenga utili al fine del contenimento della diffusione del virus, nel rispetto delle indicazioni fornite dalle autorità sanitarie, anche riguardo alla loro affidabilità e appropriatezza».

Privacy in caso di positività

Il Garante si è espresso anche sul trattamento delle informazioni sullo stato di salute dei lavoratori che, anche durante l’epidemia da Covid-19, non possono entrare in possesso del datore di lavoro: «Le informazioni relative alla diagnosi o all’anamnesi familiare del lavoratore non possono essere trattate dal datore di lavoro, ad esempio, mediante la consultazione dei referti o degli esiti degli esami».

Il datore di lavoro «deve, invece, trattare i dati relativi al giudizio di idoneità del lavoratore alla mansione svolta e alle eventuali prescrizioni o limitazioni che il medico competente può stabilire – e conclude -. Le visite e gli accertamenti, anche ai fini della valutazione della riammissione al lavoro del dipendente, devono essere posti in essere dal medico competente o da altro personale sanitario, e, comunque, nel rispetto delle disposizioni generali che vietano al datore di lavoro di effettuare direttamente esami diagnostici sui dipendenti».

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