Coronavirus, con lo smart working un italiano su due lavora di più e crescono ansia e stress – La ricerca
Linkedin, il social network nato per il mondo del lavoro, ha condotto un’indagine su 2mila italiani durante il lockdown. Il Coronavirus ha stravolto i canoni del rapporto tra dipendenti e aziende e, stando alla piattaforma, un lavoratore su cinque ha riscontrato un impatto negativo sulla propria salute mentale. Lo studio fa dunque emergere una serie di problematiche spesso sottovalutate da chi ritiene che lo smart working sia soltanto una manna dal cielo.
Più lavoro
Lavorare da casa, per il 48% del campione analizzato, si è tradotto in un surplus nel carico di lavoro. Quasi un italiano su due ha lavorato almeno un’ora in più al giorno: sviluppando il dato, si scopre come ci sia stato un eccesso di 20 ore lavorate in più in un solo mese di smart working. Solitamente, il 22% degli intervistati ha iniziato le giornate in anticipo, lavorando dalle 8 o fino alle 20.30, mentre il 24% ha terminato la giornata lavorativa anche dopo.
Problemi di salute
Quest’attitudine al lavoro, che ha portato il 22% degli italiani a rispondere più rapidamente alle esigenze dell’azienda e a essere disponibile online più a lungo del normale, ha avuto anche dei riscontri sulla salute dei dipendenti. È emerso che il 46% dei lavoratori si sente più ansioso o stressato, il 19% prova una sensazione di sconforto relativa alla sopravvivenza della propria azienda e il 18% ha riscontrato un impatto negativo sulla propria salute mentale.
Rischio burnout
L’esito patologico di questo carico di stress si definisce burnout: è uno scenario non distante per molti lavoratori in questa fase. Se un lavoratore su cinque ha riscontrato appunto qualche problema a livello di salute mentale, il 27% dei lavoratori ha sviluppato difficoltà a dormire. Uno stato di ansia costante, invece, si è verificato nel 22% dei lavoratori, mentre il 26% ha avuto problemi di concentrazione durante il giorno.
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