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Roma, il 61% dei bambini non ha fatto lezioni online. L’emergenza Coronavirus influirà sull’abbandono scolastico?

Tra digital divide e mancato contatto con gli insegnanti, oltre la metà degli alunni intervistati è rimasta esclusa dall'e-learning. Un dato, quello della Capitale, che preoccupa anche a fronte degli alti livelli d'abbandono scolastico in Italia

La ministra della Scuola Lucia Azzolina non ha dubbi: la didattica a distanza è stata un successo. Con le scuole chiuse a causa dell’emergenza Coronavirus, gli studenti che hanno seguito le lezioni online hanno avuto l’opportunità di rimanere al passo con il programma senza perdere mesi di insegnamenti. Una riuscita così grande, questo e-learning, che, nonostante la pandemia, gli studenti potranno anche essere bocciati laddove si dimostrassero carenti nei risultati. Ma è proprio così? Quanti sono realmente (e chi) gli alunni e le alunne che sono riusciti a fruirne?

Secondo un’indagine della comunità di Sant’Egidio svolta tra 800 bambini delle scuole elementari di Roma, solo nella Capitale l’e-learning ha coinvolto appena il 39% degli studenti. Valutando il campione di bambini residenti in 27 quartieri di Roma e iscritti in 44 scuole primarie, Sant’Egidio ha stimato che il 61% di loro non ha seguito nessuna lezione né a marzo né ad aprile. I dati sono stati illustrati dal presidente della comunità Marco Impagliazzo, che ha tenuto una videoconferenza in diretta sul profilo Facebook.

Stando all’indagine, i quartieri più colpiti sembrano essere quelli delle periferia nord, est e sud della Capitale. Un problema di digital divide, certo, ma non solo: l’8% dei bambini non ha più avuto contatti con i docenti dall’inizio del lockdown, e ad altri sono stati assegnati «compiti senza spiegazioni comunicati tramite registri elettronici o WhatsApp».

Anche chi è riuscito a connettersi non ha avuto sempre tutto il pacchetto didattico previsto: l’11% di chi ha seguito le lezioni online ne ha fatta appena una settimana, il 49% due e il 28% tre lezioni. Solo il 9% è arrivato a quattro e appena il 2% le ha svolte per cinque giorni su sette.

E-learning tra diritto allo studio e abbandono scolastico

«Ci sono famiglie che non sono in grado di supportare l’insegnamento online» ha detto Impagliazzo nella videoconferenza. «Penso ai figli degli immigrati, ai bambini delle comunità rom, a chi fa parte di famiglie più svantaggiate economicamente e culturalmente». Il rischio è sempre lo stesso, forse stavolta più evidente e immediato: che si creino categorie di studenti più penalizzate di altri. E che tutto il tempo perduto (e gli insegnamenti mancati) della didattica a distanza cementifichino le diseguaglianze già esistenti.

«Alcuni bambini, soprattutto i più vulnerabili, non hanno goduto del diritto allo studio durante la fase dell’emergenza», ha insistito Impagliazzo. In un Paese in cui la percentuale di abbandono scolastico è al 14,2% – a fronte di una media europea del 10,6% – proseguire su questa linea significherebbe segnare il futuro di moltissimi ragazzi e ragazze.

La proposta di Sant’Egidio è chiara: bisogna riaprire in anticipo – e il prima possibile – le scuole. Ma non mandando gli studenti nelle classi strapiene degli istituti, bensì «allestendo palestre, i cortili, i giardini, e anche spazi all’aperto nei giardini comunali e nelle ville comunali». Un appello rivolto quindi alle stesse istituzioni, affinché con l’occasione di ripensare la scuola si possano davvero mettere tutti gli studenti e le studentesse nelle condizioni di poter apprendere.

E così, mentre la ministra e la sua task force stanno ancora decidendo come e quando rientrare in classe, secondo la comunità «i sindaci potrebbero riscoprire il ruolo attribuito loro dal Codice civile che indica la figura del primo cittadino come responsabile della certezza dell’obbligo di istruzione». Così da «evitare che alla ripresa ci sia un ulteriore aumento della dispersione scolastica».

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