Paragone contro tutto il M5s: «È infetto. Sono poltronari. Di Maio peggio di Mastella»
Gianluigi Paragone non fa più parte del Movimento 5 stelle dal 1° gennaio 2020, da quando il collegio dei probiviri ha deciso di espellerlo dopo che aveva votato contro la legge di Bilancio del secondo governo guidato da Giuseppe Conte. L’espulsione è stata solo l’ultimo passaggio di una linea critica verso il Movimento, una linea che è proseguita comunque, tanto che oggi in un’intervista pubblicata sull’Huffington Post è arrivato a definire il M5s «infetto».
Non solo. Paragone, ora al Senato, arriva ad accusare il Movimento di aver ribaltato i suoi slogan più noti: «Sono poltronari, attaccati con il mastice alle poltrone. Sono la più grande fake politica in corso d’opera. Bonafede, come Conte e Di Maio, sono bambini presi a sberle». L’ex conduttore della trasmissione La Gabbia ha anche parlato del suo rapporto con Alessandro Di Battista, voce ancora importante nel M5s: «Alessandro sta provando a redimere il Movimento, ma non ce la può fare».
«Attaccati alle poltrone»: le accuse agli ex colleghi, da Di Maio a Bonafede
Paragone non si risparmia, né negli obiettivi né nelle parole. Attacca il modo in cui il ministro Alfonso Bonafede ha gestito il caso Di Matteo: «Cosa poi abbia fatto cambiare idea a Bonafede nel giro di 48 ore, questo lui non lo ha mai spiegato. Il suo silenzio è lo stesso di Di Maio e di Conte, sono ormai dei bambini presi a sberle».
E poi definisce Di Maio «peggio di Mastella»: «Me li ricordo quando puntavano il dito contro Mastella, ma Di Maio è peggio, Mastella almeno faceva politica, questi stanno semplicemente piazzando tutti. È umiliante per chi ci credeva, assistere oggi al poltronismo e al nepotismo del clan Di Maio».
Il Mes? «Come un casinò»
Il senatore si aspetta poi che il Movimento 5 Stelle accetti il Mes, facendo al massimo solo una battaglia simbolica: «Buona parte si ingoierà il Mes per tenersi il posto. Un pezzetto farà una battaglia simbolica e identitaria. Ma il grosso è tarato sulla linea poltronara». La sua opinione su questo accordo per la crisi resta però immutata.
Facciamo finta che io prenda per buona la retorica sull’assenza di condizionalità. Rimane il fatto lo si lega a investimenti sulla spesa sanitaria, ma l’emergenza in sé è spesa corrente di Stato in quanto sanità. Non sono spese eccezionali, non dovremmo avere bisogno di rivolgerci a un meccanismo agevolato. È lo stesso meccanismo del casinò, quando entri ti regalano delle fiches per invogliarti a giocare e farti perdere tutto.
La «piazza forte» in autunno
L’ultimo commento è sulla manifestazione che il centro destra sta organizzando per il 2 giugno. Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia saranno insieme in una piazza romana ancora in fase di definizione. Teoricamente non dovrebbero esserci bandiere di partito: solo un tricolore. Paragone ha specificato che non sarà in quella piazza ma in autunno proprio le mobilitazioni popolari avranno un ruolo fondamentale nella crisi di governo.
Il governo cadrà quando la folla ne avrà le scatole piene. Il paese è destinato a vedere una piazza forte mobilitarsi in autunno, chi pensa non sia così sbaglia. Che fanno, schierano l’esercito contro chi non avrà nulla da mangiare, contro chi avrà perso il posto di lavoro o chi sarà costretto a tagliarne?
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