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Su Fca il dem Orlando parla su Repubblica e ci ripensa: «Bene le condizioni legate al prestito»

Andrea Orlando
Andrea Orlando
Nei giorni scorsi il vicesegretario dem aveva posto il rimpatrio della sede legale e fiscale della compagnia come condizione per la garanzia sul prestito per l'emergenza Coronavirus. Ma in un'intervista a Repubblica lo definisce semplicemente un obiettivo e non una condizione necessaria per il prestito

Il vicesegretario del Partito Democratico Andrea Orlando non sembra più credere che riportare la sede legale di FCA in Italia sia una condizione essenziale e imprescindibile per garantire il prestito al gruppo di 6,3 miliardi, chiesto a Intesa Sanpaolo e garantito all’80% da Sace per far fronte all’emergenza Coronavirus. Solo quattro giorni fa, il 16 maggio, l’ex ministro tuonava contro l’azienda che aveva avuto la pretesa di chiedere «ingenti finanziamenti», pur mantenendo la propria sede in Olanda. Ma ora un’intervista a Repubblica, criticata per come aveva trattato la vicenda che ruota intorno suo editore, il gruppo Exor della famiglia Agnelli, l’ex ministro dem sembra aver rivisto la sua posizione, considerandosi soddisfatto delle condizioni imposte sul prestito, come aveva garantito il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri.

Per Orlando il rimpatrio adesso è «un obiettivo», non una condizione

Orlando definisce il ritorno della sede in Italia «un obiettivo», facendo intendere che si tratta di uno scenario a lungo termine, slegato quindi dall’urgenza del prestito. Le uniche condizioni necessarie per la garanzia sul prestito sarebbero «la difesa occupazionale e degli insediamenti industriali». Niente da dire sul fatto che il blocco previsto sui dividendi, il cui pagamento agli azionisti servirebbe a sigillare la fusione con il nuovo gruppo PSA, sia soltanto di un anno.

Si ricompone dunque, almeno in apparenza, la frattura all’intero alla maggioranza, allineata alla posizione del segretario dem Nicola Zingaretti, intervenuto ieri sulla questione tramite un comunicato stampa. Per Orlando le differenze tra i due sarebbero soltanto negli “strumenti” utilizzati: da una parte Twitter, dall’altra un comunicato stampa. Nessun accenno al diverbio con il capogruppo al senato del Pd Andrea Marcucci che su Twitter aveva assunto una posizione opposta a quella di Orlando, definendola una «polemica slegata dai fatti».

Con quel tweet Marcucci aveva dato la sua approvazione a un’intervista in cui il segretario generale dei metalmeccanici Fim Cisl, Marco Bentivogli, difendeva la giustezza del prestito in quanto sarebbe servito a pagare lo stipendio degli operai e di tutti i lavoratori impegnati nella filiera in Italia (circa 400mila in tutto).

Sulle accuse ricevute da parte del sindacalista, Orlando è meno conciliante: «Bentivogli da una parte lancia accuse di populismo e dell’altra parla di discussione da salotto. Si metta d’accordo con se stesso. Io non mi sento né populista né radical chic». Alla sua replica piccata segue un colpo ai “populisti di destra”: « [..] faccio notare – dichiara Orlando – che non appena si passa dalle astrazioni alla concretezza dello sviluppo e degli interessi dei grandi gruppi i sovranisti scompaiono dalla scena».

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