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Mozione di sfiducia contro Bonafede, test per il governo appeso ai 17 voti di Italia Viva. M5s e Pd: «Un solo contrario e si apre la crisi»

20 Maggio 2020 - 06:44 Chiara Piselli
Italia Viva tira la corda fino all'ultimo: sa di essere l'ago della bilancia coi suoi 17 rappresentanti se sommati ai numeri dell'opposizione. Pd e M5s fanno scudo intorno al ministro: «Un solo voto contrario e si apre la crisi di governo»

«Un voto contro il ministro della Giustizia è un voto contro il governo». È questa la posizione di M5s e Pd nel giorno in cui l’Aula del Senato vota le due mozioni di sfiducia nei confronti di Alfonso Bonafede. Il messaggio è rivolto a Italia Viva che fino all’ultimo tira la corda e tiene alta la tensione, dal momento che non ha ancora sciolto la riserva su quel che farà al momento del voto.

Voto in due chiame, proprio dopo il discorso del ministro con tutti gli occhi addosso. A proposito, cosa dirà Bonafede? Quali parole sceglierà? Come riuscirà a sgonfiare il nervosismo nella maggioranza di governo, Italia Viva compresa? Già, perché i numeri al Senato sono stretti, e il clima di incertezza determinato dai renziani (17 rappresentanti, numero decisivo) sta facendo sudar freddo non solo il ministro della Giustizia, ma l’intero esecutivo che si gioca la tenuta. Molto dipenderà dunque da quello che dirà lo stesso ministro in Aula, parole che potrebbero davvero essere decisive.

Un solo voto contrario – ripetono tutte le anime della maggioranza (da Fico a Di Maio a Delrio) – e l’apertura della crisi di governo diventa inevitabile. La soluzione del rebus non è scontata. Sono tanti i terremoti che hanno scosso la poltrona del guardasigilli. Le tensioni nelle carceri, le dimissioni del capo del dipartimento amministrazione penitenziaria, la scarcerazione di una lunga lista di mafiosi finiti ai domiciliari nei giorni in cui lo spettro del contagio da Coronavirus si trasformava in panico; e per ultimo – probabilmente il fatto più pesante di tutti – le ombre sulla mancata nomina del magistrato antimafia Nino Di Matteo a capo del Dap nel 2018. Ombre sulle quali è arrivata da più parti la richiesta di spiegazioni chiare.

La giornata

La tabella di marcia prevede la discussione delle mozioni di sfiducia nei confronti del ministro a partire dalle 9.30 e fino alle 11. Prima delle dichiarazioni di voto, andrà in onda – letteralmente – la replica del ministro Bonafede, trasmessa in diretta tv, sulla Rai, alle 11.05, come prevede il calendario dell’Assemblea di Palazzo Madama. Alla fine delle dichiarazioni di voto si svolgeranno le votazioni. Due chiame per le quali ogni senatore voterà dal posto, con entrata nell’emiciclo scaglionata a gruppi di 50 ogni dieci minuti, per ordine alfabetico, in modo da poter rispettare le misure per il contenimento del contagio. Ma prima di tutto questo, alle 9 in punto, Matteo Renzi riunisce i suoi in assemblea a Palazzo Madama.

Le due mozioni di sfiducia contro Bonafede

Due le mozioni di sfiducia contro il ministro della Giustizia: una della Lega l’altra di +Europa insieme ad Azione di Carlo Calenda. La prima punta sul caso Di Matteo e sulla scarcerazione dei boss di mafia in piena emergenza sanitaria Covid-19. Per la Lega, il nesso di causalità fra detenzione in carcere e infezioni è da considerarsi falso. Inoltre, i vertici del Dap – stando a questa mozione – sarebbero colpevoli di non aver elaborato alcuna strategia per evitare disordini e rivolte negli istituti penitenziari, anche per tutelare gli operatori e gli agenti coinvolti nelle tensioni.

La seconda, nota come “mozione Bonino”, è stata sottoscritta da oltre 30 senatori di Forza Italia ed è quella che preoccupa di più l’esecutivo, più della mozione unitaria del centrodestra. Stando a questa posizione, Bonafede avrebbe «manomesso l’imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo» e si sarebbe rivelato un ministro «inadempiente sugli impegni di riforma assunti: uno su tutti il processo penale». Quanto al caos nelle carceri durante l’emergenza Covid, la responsabilità del ministro della Giustizia sarebbe quella di «avere gestito questo delicatissimo problema con la sufficienza e la negligenza derivante da un’idea puramente afflittiva della pena».

I rischi che corre il governo

In pochi credono che Renzi voglia andare fino a in fondo con la sfiducia. Ma intanto la capogruppo di Italia Viva alla Camera Maria Elena Boschi ha avuto un incontro con il premier Conte e nelle ultime ore è circolata un’ipotesi di rimpasto o addirittura, stando a un’indiscrezione di Ansa, di un ministero per Boschi. Fonti di governo sostengono invece che il premier intende concedere a Italia Viva il «riconoscimento politico chiesto», non tanto «per paura di una crisi ma per poter andare avanti fino al 2023 senza frizioni». «Ci sono trattative in corso nella maggioranza», ha detto Matteo Salvini dando per certe queste indiscrezioni. «Tu mi dai una poltrona in più, un sottosegretario, la Rai, le partecipate – ha commentato a Stasera Italia, su Rete 4 – sarebbe squallido perché la giustizia è la giustizia».

L’attesa nelle dichiarazioni

«Se Iv vota la sfiducia a Bonafede si apre un problema politico e una crisi di governo – dice il presidente della Camera Roberto Fico intervistato a diMartedì su La7 -. Per questo penso che non avverrà». «Il governo è solido e al Senato, dimostrerà tutta la sua solidità», sono le parole del ministro degli Esteri Di Maio. «La sfiducia al ministro Bonafede sarebbe una sfiducia a tutto l’esecutivo, in quel caso la crisi sarebbe inevitabile», fa eco il ministro per le Autonomie Boccia. La ministra renziana Bellanova sostiene che in Iv c’è una spinta favorevole alla sfiducia. «Non si facciano tentare», avverte il capogruppo Dem Delrio. «Votiamo contro le mozioni di sfiducia perché non vogliamo una crisi di governo. Certo – precisa il capogruppo Pd in Senato Marcucci – il ministro Bonafede in molte occasioni non ci è piaciuto affatto. E il caso più noto è quello della prescrizione».

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