Fase 2, la sfuriata dell’ex primario di Torino: «Giovani assassini, fanno aperitivo in piazza uno attaccato all’altro»
Antonio Sechi è un famoso medico di Torino: è stato per molto tempo il primario del pronto soccorso dell’ospedale Molinette. Per lui quello che sta accadendo nelle città del nord Italia, in particolare nel capoluogo piemontese e a Milano significa essere degli «assassini». Sechi si riferisce ai giovani e alla movida: le piazze hanno ricominciato a pullulare di persone (per la verità non solo ragazzi) da quando è entrato in vigore il nuovo dpcm che elimina le principali restrizioni dei mesi di lockdown entrate in vigore per contrastare l’epidemia da Coronavirus.
«Uno attaccato all’altro, quasi quasi bevono dallo stesso bicchiere. Non solo a Torino, abbiamo visto tutti le immagini di qualche settimana fa dei Navigli, a Milano. Comportarsi così vuol dire andarsela a cercare. Non si rendono conto del rischio», ha raccontato al Corriere della Sera. Il medico li considera pericolosi, soprattutto per gli altri. E ce l’ha soprattutto con i giovani: «Se uno di loro si contagia magari non succede nulla – dice – ma può mettere in pericolo il papà, la mamma, i nonni».
E ancora: «Io sono d’accordo con le riaperture – dice – ma credo che le forze dell’ordine debbano sanzionare soprattutto i comportamenti di queste persone. In tv, nei vari servizi sui Navigli, le ho anche sentite arroganti. Io stesso, dopo alcuni commenti scritti su Facebook, mi sono sentito dare del vecchio, dell’incompetente».
Dunque il problema post lockdown sembrano essere, appunto, i giovani. Eppure c’è chi crede non sia il caso di ergerli a capri espiatori di questa situazione, come nel caso del segretario dem Nicola Zingaretti che ha scritto in un post questa mattina, 22 maggio: «I giovani non sono gli untori di questo tempo. Sono le principali vittime di questo periodo. Hanno iniziato a pagare dal punto di vista della formazione, pagano sul lavoro, pagheranno sul debito pubblico. Sì, serve da parte loro, come di tutti, responsabilità nei comportamenti, ma non bisogna criminalizzarli: investiamo su di loro perché è giusto e perché dobbiamo combattere per il futuro dei ragazzi e delle ragazze, non sono un problema, ma risorse immense della rinascita italiana».
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