Valentina, insegnante omosessuale scavalcata in graduatoria dal collega diventato padre: «Ma anche io sono mamma»
Un corto circuito, un’ingiustizia, una storia che sembra essere quasi surreale. Valentina Lucci ha 45 anni, abita a Sulmona (L’Aquila), è sposata con Gianna, infermiera, ed entrambe sono mamme della piccola Costanza, 5 anni, biondissima, occhi azzurri, un po’ danese e un po’ abruzzese. Perché Costanza è nata con l’inseminazione artificiale, avviata a Bruxelles, grazie al seme donato da un cittadino danese. La mamma biologica è Gianna mentre Valentina, per lo Stato italiano, non è nessuno.
«Sono una mamma h24 ma per lo Stato non sono nessuno»
Altro che genitore 1 e genitore 2, come diceva Giorgia Meloni in un video che ha spopolato sul web. «Costanza ci chiama “mamma Vale” e “mamma Gianna”, è un vulcano, è curiosa, bellissima, esplosiva, è la mia vita. Siamo inseparabili», racconta Valentina che, da insegnante di sostegno al liceo Psicopedagogico di Sulmona, in questi mesi è rimasta a casa con la figlia, facendo didattica a distanza. Gianna, invece, è andata al lavoro tutte le mattine: è un’infermiera.
I problemi, però, sono nati quando Valentina ha deciso di partecipare a un bando interno alla scuola, a una graduatoria per tentare di accedere al ruolo di materia (Scienze). «Ho subito ricevuto la valutazione del mio profilo e sapete qual è stata la cosa che mi ha fatto più male? Vedere “punteggio 0” alla voce “figli”. Ma io una figlia ce l’ho. Perché io no e il mio collega, che qualche anno fa è diventato padre, sì? Cosa cambia tra me e lui? Perché devo essere sorpassata da chi ha un figlio, esattamente come me, e dunque può avere, come è giusto che sia, 6 crediti in più?».
Niente congedi parentali, niente aspettative
Questo significa che, se Costanza dovesse avere la febbre, Valentina non potrebbe assentarsi dal lavoro. Non ne avrebbe alcun diritto: in altre parole, né congedi parentali né aspettative. «Per lo Stato non sono nessuno e, invece, sono una mamma h24», racconta.
Valentina, però, in tutti questi anni, non ha mai intrapreso l’iter «lungo e complesso» per l’adozione della figlia di sua moglie: «Sa perché non l’ho fatto? Perché dura anni e devi pure presentarti davanti a un giudice. Ci vogliono soldi, tempo e causa tanto stress». «Lo Stato, invece, dovrebbe tutelarci facendo un’integrazione alla Legge Cirinnà – spiega – ne abbiamo bisogno, ma non solo noi. Nella stessa situazione ci sono tante altre mamme e tanti altri papà (nella comunità lgbtq+, ndr). Le leggi dello Stato non sono al passo con la società. Sa quante colleghe e quanti genitori restano sbalorditi quando dico che per lo Stato io non sono la mamma di Costanza?».
In Italia la cosiddetta stepchild adoption, ovvero l’adozione del figlio del partner, è gestita di volta in volta dai tribunali, in assenza di una normativa chiara e puntuale. La decisione, dunque, è rimessa all’arbitrarietà del magistrato.
«Costanza ama Spiderman ma è patita di trucchi e gioielli»
Costanza è molto sveglia: «”Pure io volevo il papà!” ci ha detto qualche volta vedendo che le altre compagne hanno sia la mamma che il papà. Noi, in realtà, già all’età di 3 anni, con i giusti modi, le abbiamo spiegato tutto. Le abbiamo detto la verità». E Costanza è l’esempio che l’amore supera ogni cosa, ogni pregiudizio, ogni stereotipo: «Mia figlia ama Spiderman ma è anche una patita di trucchi e gioielli. Non ha preso di certo dalle sue mamme! Le piace il calcio ma vuole fare la ballerina. Un giorno stravede per il colore rosa, l’indomani per l’azzurro».
A scuola, infine, hanno sostituito la “festa del papà” con la “festa dei papà” così da permettere a Costanza di «consegnare il lavoretto fatto in classe ai suoi “papà”, che un anno può essere il nonno, l’altro anno lo zio».
Foto in copertina di Open | Valentina Lucci e sua figlia Costanza
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