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Coronavirus. Luca Parmitano sapeva dell’epidemia a novembre 2019? No! Un errore di comunicazione

27 Maggio 2020 - 15:44 David Puente
Un errore dell'astronauta ha scatenato utenti e giornalisti, ma basta vedere il suo ritorno a Terra per capire che non si sapeva dell'epidemia in Europa

Risulta virale e trattato da diverse testate giornalistiche la dichiarazione rilasciata il 25 aprile 2020 da Luca Parmitano, l’astronauta italiano a bordo della missione 61 dell’ISS, durante un’intervista rilasciata al programma Petrolio (Rai2) in merito al Coronavirus: «già da novembre avevamo iniziato a seguire i primi contagi». L’astronauta dell’Esa e i membri della missione spaziale sapevano già tutto prima di tutti? No! Passiamo alla verifica dei fatti.

La dichiarazione e il post Facebook di Petrolio

L’intervento era del 25 aprile 2020, ma a rilanciarlo è stata la pagina Facebook del programma televisivo Petrolio il 25 maggio con il seguente commento:

“Già a novembre sapevamo dei primi contagi!!!”

Ecco la clamorosa dichiarazione che l’astronauta Luca Parmitano ha fatto nel corso della puntata di Petrolio del 25 aprile.

Una dichiarazione che retrodata il sorgere della pandemia di quasi due mesi e che apre a molte domande e che necessita di un approfondimento

La spiegazione di Parmitano

Luca Parmitano pubblica, il 25 maggio sera, un post Facebook dove spiega che il suo era stato un errore porgendo le sue scuse:

È stato portato alla mia attenzione un errore da me commesso durante un’intervista rilasciata a una trasmissione televisiva.
Nell’episodio in questione, parlando delle precauzioni prese durante il rientro dalla Stazione Spaziale Internazionale, ho erroneamento affermato che, come equipaggio, fossimo al corrente dell’inizio del contagio pandemico già a novembre.
Errare è umano, e mi spiace molto vedere che in questo caso il mio lapsus sia stato strumentalizzato. L’errore è dovuto a vari fattori, e qui di seguito ne riporto alcuni.
1) a bordo della ISS non utilizziamo il calendario, ma il Coordinated Universal Time (UTC). L’anno inizia con il giorno 1 e finisce con il giorno 365, e gli eventi vengono eseguiti in base a questa pianificazione. Di conseguenza è possibile confondere un mese con un altro poichè non vi facciamo mai riferimento, ma utilizziamo il giorno UTC;
2) ricordo che, intorno alla fine della missione, parlavamo con l’equipaggio di varie crisi in corso sulla Terra. Nel ripensare agli eventi intorno a quel periodo, ho fatto confusione tra le diverse conversazioni, e nel ricordare gli eventi ho collegato le prime notizie di contagio a un contesto temporale precedente. A bordo, abbiamo appreso del contagio insieme al resto del mondo, quando le agenzie giornalistiche e le grandi testate televisive hanno iniziato a parlarne;
3) tutto questo è facilmente verificabile: le comunicazioni Terra – bordo – Terra sono soggette al Freedom Of Information Act, una legge che impone totale trasparenza e che tutte le comunicazioni siano registrate. Non è possibile ricevere informazioni riservate. Inoltre, l’idea che fossimo già al corrente di un contagio pandemico è smentita dai fatti: le operazioni di rientro della Spedizione 61 sono state svolte normalmente, senza alcuna ulteriore precauzione. Al contrario, quando la situazione pandemica si è rivelata in tutta la sua gravità, l’equipaggio rientrato dalla Spedizione 62 è stato isolato in quarantena per evitare possibili contagi.
Mi scuso, con umiltà, per l’errore e per le conseguenze (del tutto inaspettate): me ne assumo ogni responsabilità.

La trasparenza e gli altri astronauti

Oltre al calendario usato durante le missioni spaziali, che potrebbe creare confusione nella conversione a quello che usiamo quotidianamente, le comunicazioni sono soggette a una legge – la Freedom Of Information Act – che impone il massimo della trasparenza. In tal caso, informazioni di questo tipo sarebbero state ben note non soltanto all’Italia e gli Stati Uniti, ma anche alla Russia per fare un esempio siccome nella missione 61 erano a bordo anche astronauti russi.

I membri della missione 61 dove troviamo l’italiano Parmitano e i colleghi russi e americani. Data: 17 aprile 2019. Foto di: Robert Markowitz.

La conferenza dell’otto febbraio 2020

L’astronauta Luca Parmitano, una volta tornato sulla Terra, si era recato a Colonia presso il European Astronaut Center per tenere una conferenza stampa l’otto febbraio 2020. Sul posto era presente anche ‎Matteo Miluzio, come possiamo vedere nella foto pubblicata a sostegno di Parmitano il 26 maggio all’interno della Community Facebook Chi ha paura del buio?:

Parmitano ha sostenuto che sulla stazione spaziale internazionale sapevano del virus da Novembre. Apriti cielo.

E’ stato un lapsus, capita anche ai migliori di confondersi sopratutto quando passi mesi e mesi in un luogo dove à quasi impossibile distinguere il giorno dalla notte. Si é scusato del lapsus fornendo tutte le spiegazioni dettagliate, ma ció non é bastato per evitargli il linciaggio.

Luca non ha bisogno di difese ma… QUESTA foto l’ho scattata io PERSONALMENTE allo European Astronaut Center di Colonia, il giorno della conferenza stampa di Luca subito dopo essere tornato dalla stazione spaziale internazionale. Questa foto dimostra inequivocabilmente che NESSUNO sapeva di casi di epidemia in Europa, tant’è che a noi che eravamo li hanno semplicemente fatto un controllo della temperatura, come minima precauzione viste le news dalla cina. Nessuna mascherina, nessuna protezione, nella stessa sala con qualche decina di persone che lo ascoltavano, nessun distanziamento sociale, nulla che possa anche lontanamente ricordare le precauzioni minime adottate contro l’epidemia di Coronavirus. Tantomeno nessuna quarantena, cosa che è toccata a chi tornò dopo dalla ISS.

Era l’8 febbraio 2020. Parmitano, così come i vertici ESA (alla sua sinistra vi è Jan Worner, direttore dell’ESA), non sapevano nulla più di quanto potesse sapere l’opinione pubblica.

Matteo c’era, ecco un’altra foto pubblicata l’8 febbraio 2020 insieme a Samantha Cristoforetti, scattata poco prima della conferenza stampa:

Riscontri non mancano, come possiamo vedere da altre foto pubblicate da altre persone presenti sul posto:

In Germania, dove si era tenuta la conferenza stampa, sono stati riscontrati 16 casi confermati il 20 febbraio 2020. Ciò corrisponde al fatto che al momento della visita di Parmitano non era in corso l’emergenza in Europa.

L’ultima risposta di Parmitano dopo le scuse

Dopo la spiegazione e le scuse di Parmitano, l’astronauta italiano pubblica un ulteriore post Facebook:

Nel momento in cui scrivo, ho appena finito di leggere – come ho sempre fatto – tutti gli oltre 2700 commenti alla mia precedente pubblicazione. Lo ritengo doveroso: chi mi scrive investe del tempo prezioso nel farlo, ed è giusto restituire il mio. Dall’incoraggiamento all’insulto, dallo ‘sputo virtuale’ al complimento, ho trovato una grande lezione di umanità. Paura, rabbia, smarrimento, insieme a sostegno, ilarità, e un’intera, vastissima gamma di altre emozioni a me indirizzate, mi hanno ricordato quanto io sia privilegiato, e quanto sia importante – anzi, indispensabile – il contatto con chi privilegiato non è. Faccio allora ricorso, ancora una volta, a una parola a me particolarmente cara, e ringrazio tutti coloro che mi hanno scritto – e che mi scriveranno – per la lezione, che farò mia per quanto possibile. #gratitudine

Conclusioni

Un errore, umano, da parte dell’astronauta. Al suo ritorno, inoltre, c’era stata una normalissima conferenza stampa siccome all’epoca non c’era ancora l’emergenza sanitaria in Europa, riscontrata poco tempo dopo. Se veramente ci fosse stato qualcosa sarebbe diventato di pubblico dominio già mesi fa e usata anche da paesi come la Russia o la Cina nella propaganda anti-americana, ad esempio. Ciò non è successo e la dichiarazione di Parmitano non risulta ad oggi una prova per sostenere che le agenzie spaziali che fanno parte della missione internazionale sapessero qualcosa in più di quello che sapevano già sul Coronavirus.

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