Gli ebrei ortodossi? I più a rischio. I buddisti? Consapevoli. Le religioni nell’era Coronavirus
Riti che si ripetono da secoli con una precisa cadenza, ognuno scandito dal suo specifico calendario, sono stati interrotti. A volte, per non creare una discontinuità con la mistica delle persone, si sono studiate soluzioni per adattarli all’emergenza Coronavirus in corso. Oppure, in preda alla mancanza improvvisa del credo, c’è chi ha dato vita a manifestazioni irrazionali di fede.
Ma a parte sporadici casi di follia, come quello dei fedeli musulmani in Iran che leccano le grate delle moschee per dimostrare che la fede è più forte del virus, per la prima volta nella storia, ricordando la sorte che toccò al filosofo Giordano Bruno e al fisico Galileo Galilei, la scienza sta prevalendo prepotentemente sulla religione.
Il Coronavirus ha modellato tanto la socialità quanto la fede. Una delle fotografie più emblematiche della pandemia resterà l’indulgenza plenaria concessa da Papa Francesco in una piazza San Pietro deserta. Era il 27 marzo e di lì a pochi giorni ci sarebbe stata la settimana più importante per la religione cattolica.
Persino la liturgia pasquale è stata stravolta: il Papa, nella basilica vuota, non ha celebrato il rito millenario del Ressurrexit e ha eseguito un minuto di silenzio invece di professare l’omelia.
Qualche resistenza in più si è riscontrata nel mondo ortodosso: alcuni pope – i parroci nel rito bizantino -, hanno continuato a somministrare il sacramento della comunione con il cucchiaino liturgico, lo stesso per tutti i fedeli.
A discapito delle evidenze scientifiche, venerdì 21 maggio padre Evangelos Yfantidis, reverendissimo vicario generale archimandrita del trono ecumenico di Venezia – per intenderci uno dei vertici dell’ortodossia in Italia -, ha dichiarato al Resto del Carlino: «Per voi è rischioso, secondo noi no. La nostra Fede è questa e continueremo a usare il cucchiaino».
Se alcuni ortodossi si sono rifiutati di rinunciare all’eucarestia servita con lo stesso cucchiaino, in Iran diversi musulmani sciiti hanno iniziato a leccare le grate e le pareti dei luoghi sacri per l’islam. I social sono zeppi di video di fedeli che si infischiano delle norme più basilari per evitare il contagio. Dopo aver leccato il monumento, in un filmato uno di loro afferma «di aver mangiato il Covid», così da proteggere i futuri visitatori della moschea. Gesto in linea con l’idea del martirio, scelta molto rispettata tra gli sciiti.
Da quando il contagio si è diffuso in Corea del Sud e uno dei primi focolai è stato individuato nella città di Daegu, la setta di Shincheonji è diventata una religione conosciuta in tutto il mondo. Si stima che siano oltre 300.000 i fedeli della religione fondata in Corea del Sud nel 1984 da Lee Man-hee. La setta è stata al centro di molte polemiche perché il suo fondatore e gli altri leader del gruppo si sono rifiutati di sottoporsi ai test. Molti fedeli hanno fatto ostruzione ai tentativi del governo di tracciare la diffusione del contagio all’interno della setta, almeno fino alle scuse pubbliche di Man-hee diffuse a reti unificate.
La comunità di ebrei ultra ortodossi in Israele è tra quelle a più alto rischio contagio. Gli Haredim non sono soliti leggere i giornali, guardare la tv e utilizzare internet: ciò li rende poco informati sull’epidemia da Covid-19. Hanno famiglie molto numerose e pregano tutti insieme tre volte al giorno. Uno studio svolto a marzo nella città di Bnei Brak, roccaforte degli ultra ortodossi israeliani, ha ipotizzato un tasso di contagio elevatissimo, pari al 34% della popolazione totale.
Tra le religioni che per prime hanno recepito l’allarme del coronavirus, forse anche per il radicamento in Asia, continente dove la pandemia è iniziata, c’è sicuramente il Buddhismo. In Thailandia, i monaci hanno portato avanti campagne di sensibilizzazione con la popolazione, decorando le statue di Buddha con le mascherine. Non hanno rinunciato ai propri riti, ma non c’è stata alcuna resistenza nell’indossare i dispositivi di protezione individuale ed evitare ogni tipo di assembramento.
Nella religione musulmana, uno dei cinque pilastri della dottrina è lo Hajj, il pellegrinaggio alla Mecca. Le fotografie di un numero incommensurabile di fedeli che pregano intorno alla Ka’ba restituiscono attraverso una semplice immagine il valore di questo rito nell’islam. Sono almeno 2 milioni i musulmani che raggiungono la Mecca ogni anno, ma nel 2020 il coronavirus potrebbe bloccare il pellegrinaggio.
Secondo il calendario islamico, quest’anno lo hajj dovrebbe svolgersi dal 28 luglio al 2 agosto. Il ministro saudita per lo hajj, Mohammed bin Saleh Banten, ha diffuso un messaggio televisivo ai fedeli musulmani di tutto il mondo: l’Arabia Saudita invita ad aspettare ancora prima di prenotare il viaggio alla Mecca. La monarchia, già a dura prova per il crollo del prezzo del petrolio, rischia di perdere gli importanti introiti che derivano dai pellegrinaggi: l’anno scorso l’ammontare dei ricavi si era attestato sui 26 miliardi di dollari. Per il momento, però, lo hajj non è stato ancora annullato.
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