Parla il medico del trapianto ai polmoni al 18enne di Milano: «In certe aree erano del tutto distrutti»
È stata un’operazione enormemente complessa quella eseguita al Policlinico di Milano sul 18enne salvato con il trapianto dei polmoni. A cominciare dalle condizioni in cui erano gli organi di Francesco, come lo chiamano su diverse testate anche se non è il suo vero nome. I polmoni erano ormai “bruciati” dopo il contagio da Coronavirus che in pochi giorni dal ricovero, lo scorso 3 marzo al San Raffaele, lo aveva portato prima in Terapia intensiva, nel padiglione nato con la raccolta fondi di Chiara Ferragni e Fedez, poi subito in Rianimazione, dove ha potuto respirare solo con la ossigenazione extracorporea a membrana (Ecmo), grazie ai respiratori artificiali.
Il ragazzo ha trascorso quasi due mesi in coma farmacologico, per poi essere sottoposto all’intervento svolto dall’equipe del prof. Mario Nosotti, direttore della Scuola di specializzazione in Chirurgia toracica dell’Università Statale di Milano. «I polmoni apparivano lignei – ha detto Nosotti – estremamente pesanti e in alcune aree erano del tutto distrutti».
È stata la prima operazione di questo genere riuscita in Europa, difficile per chi ha dovuto operare il 18enne anche per tutti i dispositivi di protezione che gli operatori sanitari hanno dovuto indossare, costretti a muoversi con notevoli impacci. La preparazione per l’intervento ha richiesto infatti che medici e infermieri indossassero il massimo della protezione possibile contro il contagio, compresi i caschi ventilati, in modo da evitare ogni rischio. Il ragazzo si è poi negativizzato grazie alla cura con il plasma iperimmune, svolta subito dopo l’operazione.
A dieci giorni dall’intervento, i medici possono oggi confermare la piena riuscita. Il ragazzo è finalmente sveglio, interagisce e collabora con medici e infermieri e ora si prepara ad affrontare una lunga riabilitazione, mentre gradualmente si staccherà dal respiratore, dopo quasi due mesi passati a letto intubato.
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