«Vuoi avere figli?». La domanda (illegale) di un’azienda di marketing nei questionari di assunzione: «È discriminazione di genere»
«Sei intenzionato ad avere due figli o meno anche se la tua salute e le tue entrate ne permetterebbero di più?». È questa la domanda a cui una professionista della comunicazione si è trovata a dover rispondere per potersi candidare per un posto di lavoro in un’agenzia di marketing. Quale sia il collegamento tra il suo ruolo professionale e le sue scelte di vita privata non è chiaro: quel che è certo è, invece, che si tratta di una violazione della legge. A segnalare la notizia al Corriere della Sera è stata Ella Marciello. Ella è direttrice creativa in un’azienda di comunicazione e, insieme a un gruppo di colleghe e colleghi, fa parte del collettivo Hella Network. Quando è arrivata la segnalazione, Ella ha provato a simulare una candidatura online sul sito dell’azienda per verificare se fosse davvero così. Ha provato sia con un nome femminile che con uno maschile, e, in entrambi i casi, la domanda veniva realmente posta.
«La domanda veniva posta comunque», spiega Ella. «Ma significherebbe negare l’evidenza se si affermasse che la risposta ha lo stesso in entrambi i casi: l’uomo che vuole avere figli è ancora visto come un “bravo ragazzo”, mentre la donna viene immediatamente associata a tutti gli obblighi che la terranno lontana dai suoi compiti professionali». Date le premesse, la domanda viola in toto l’articolo 27 del dl 198 del 2006, che vieta «qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l’accesso al lavoro subordinato, autonomo o di qualsiasi altra forma». In tal senso è vietato chiedere informazioni riguardo lo stato matrimoniale, di famiglia o di gravidanza.
Il questionario
Quella sui figli, inoltre, non era l’unica domanda opinabile del questionario. Da «la tua voce è monotona?» fino a «ti capita di avere delle contrazioni muscolari senza ragione?», passando per «sfogli orari ferroviari o dizionari solo per curiosità?», la lista delle stranezze sembra lunga.
Le altre segnalazioni
Da novembre 2019, il collettivo si occupa di creare contenuti per sensibilizzare l’opinione pubblica in merito a certe dinamiche di discriminazione di genere (come la campagna #iorestoacasa lanciata per la festa della mamma e basta su immagini di donne anni ’50). Nel collettivo vengono anche raccolte tutte le segnalazioni che quotidianamente riguardano le professioniste del settore. «Questa domanda è solo l’ultima di una lunga serie», spiega ancora Ella. «La settimana scorsa la stessa persona ha ricevuto come risposta dal titolare di un’agenzia di comunicazione che il cliente aveva richiesto specificatamente un responsabile di sesso maschile. Io stessa mi sono sentita dire di essere inadeguata per una campagna sulle automobili».
«Situazioni come queste ci impediscono di avanzare nelle nostre carriere, se non addirittura di iniziarle», dice Ella. «Questi sbarramenti sono ostacoli che ci vengono posti in maniera del tutto illegale e contribuiscono al consolidamento del famoso soffitto di cristallo che ahimé conosciamo bene».
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