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Smart working per gli uomini, cura dei figli per le donne: Immuni indietro di un secolo

02 Giugno 2020 - 16:35 Valerio Berra
Lei con un bambino, lui con un pc. Certo non un insulto, ma è triste vedere che anche in un'app del ministero dell'Innovazione il posto della donna sia ancora quello

Questa volta la Pubblica amministrazione c’era quasi. Almeno a livello di immagine. Quando l’app Immuni è stata rilasciata, la sorpresa è stata quella di trovarsi davanti a un’applicazione semplice, chiara da capire e (fino a questo momento) funzionante. Qualcosa che insomma ha svecchiato l’immagine polverosa della pubblica amministrazione e invogliava gli utenti ad usare l’app che dovrà monitorare la diffusione dell’epidemia di Coronavirus nella Fase 2.

Le recensioni lo confermano. In meno di 24 ore l’app ha già superato i 100 mila download, solo sul Play Store di Google. E ha collezionato oltre 3.500 recensioni, con una media di 4 su 5. Un buon risultato, anche se per adesso l’app non fa molto. Per capire le sue potenzialità si dovrà aspettare che partano i test nelle regioni. Eppure qualche c’è un dettaglio che proprio è difficile da capire in un’app che, come si vede, ha dedicato molta attenzione alla grafica.

Una volta scaricata, sull’app passano alcune slide ricordano danno il benvenuto all’utente. Una di queste si intitola Rallentiamo insieme l’epidemia. I testo non è niente ricorda l’importanza per chi è stato esposto al virus di limitare i contatti fino al momento del tampone, ma non è questo il problema. Il problema è l’immagine scelta per accompagnarla: un uomo e una donna. Lei con un neonato in braccio e una piccola piantina a fianco, lui intento a usare un laptop. A fare smart working, diremmo di questi tempi.

La storia di una donna dedicata a chi ha pensato a questa slide

Ora. Tante parole si potrebbero dire sulla rappresentazione di questa famiglia. Uomo e donna, bianchi, lei che cura i figli (e le piante), lui che lavora al pc. Forse però per contestare la scelta di rappresentare l’uomo al lavoro e la donna a curare i figli, basta la storia di un’altra donna. Nel 1920, dopo essersi laureata in Giurisprudenza nel 1881, Lidia Poët è diventata la prima donna ad entrare ufficialmente nell’Ordine degli Avvocati in Italia. Era l’Italia, ma era l’Italia di 100 anni fa.

Wikipedia | Lidia Poët

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