Mahmoud: «Io rider, Cavaliere della Repubblica pagato a cottimo, ho acquistato 1200 mascherine per aiutare l’Italia. Ora sogno di fare l’infermiere»
Mahmoud Lufti Ghuniem è il rider, nato in Libano, che è stato insignito dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella dell’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica (insieme ad altre 56 persone) per aver aiutato l’Italia durante l’emergenza sanitaria del Coronavirus. Lui, infatti, dal 2012 nel nostro Paese, un giorno si è presentato alla Croce Rossa di Torino, città in cui lavora, per donare uno stock di ben mille mascherine acquistate a spese sue.
Ha speso 500 euro per le mascherine
Oggi per Mahmoud è una giornata da incorniciare. Lo raggiungiamo al telefono, mentre sta lavorando. Ci risponde tra una consegna e l’altra. «Ho speso 500 euro per acquistare le mascherine, volevo fare qualcosa per il mio Paese, per l’Italia che mi ha accolto a braccia aperte quando sono arrivato nel 2012, anche se ancora non ho ottenuto la cittadinanza. L’Italia, lo scriva, è la mia famiglia, è casa mia».
Mahmoud, 35 anni, nonostante lo stipendio da 800 ai 1000 euro al mese (per 8-12 ore di lavoro al giorno), ha trovato la forza di spendere metà del suo stipendio, rischiando, di fatto, di non portare il pane a casa. Lo ha fatto per il Paese che ama. «Sono contento che abbiamo superato questo difficile periodo – ha aggiunto – Io ho fatto la mia parte, mi sono messo in quarantena e ho cominciato a lavorare da metà maggio. Rischiavo di rimanere senza un euro? Beh, sì, ma la salute è più importante del lavoro e dei soldi».
«Io trattato come uno schiavo a Brindisi»
Mahmoud ha già fatto il muratore, il gommista e il pizzaiolo; ha lavorato a Brindisi, a Foggia e in altre città del Sud. «A Brindisi, dove facevo il muratore, il mio capo mi trattava come uno schiavo, non riuscivo a fare niente. Non potevo andare avanti così. Ero stanco di lavorare con chi mi ordinava cosa fare e, soprattutto, con chi pretendeva che facessi più ore rispetto a quelle del mio contratto. E così grazie a un mio amico, prima mi sono licenziato, poi sono arrivato a Torino».
Ed è lì, dove risiede attualmente, che ha deciso di fare il rider: «Prima con un’altra società, che ho lasciato dopo due mesi perché annullava gli ordini all’ultimo minuto, dopo che aveva fatto decine di chilometri per raggiungere il ristorante. Poi l’approdo a Just Eat dove mi sento a casa. Certo, fare il rider non è il lavoro della mia vita».
«Vorrei fare l’infermiere»
Il suo sogno? «Tornare a fare l’infermiere, il lavoro che svolgevo nel mio Paese. Certo, so bene che qui non sarà facile visto che prima dovrei completare le scuole superiori e poi iscrivermi all’università ma ci proverò, quando sarà possibile, quando avrò le condizioni economiche per farlo. Però, mi lasci dire una cosa, ho anche altri obiettivi: acquistare una casa e non tornare più nel Paese da cui provengo, in Libano, dove si continua a fare la guerra».
Foto in copertina di repertorio: Matteo Bazzi per Ansa
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