Retroscena: il Pentagono ha negato a Trump 10 mila soldati contro le proteste. Migliaia in marcia pacifica per George Floyd: «Sono pochi»
Mentre in tutti gli Stati Uniti proseguivano pacifici i cortei con migliaia di persone per le strade da New York a San Francisco, fino a Washington Dc, il profilo Twitter Donald Trump ha taciuto per ore, un silenzio irrituale per il presidente Usa interrotto quando da una Casa Bianca mai così blindata ha lanciato ancora una volta lo slogan: «Law and order!», legalità e ordine, già usato qualche giorno fa durante gli scontri e le violenze scoppiati attorno alle proteste per la morte di George Floyd a Minneapolis quasi due settimane fa.
June 6, 2020
Ma rispetto gli ultimi 13 giorni, il clima per le strade delle principali città americane è tutt’altro che teso, con decine di migliaia di persone che hanno sfilato senza incidenti al grido di: «Blacks Lives Matter» nel nome della lotta al razzismo. Partecipazione che non colpisce Trump, che in serata lancia un secondo tweet senza mai citare le regioni della protesta che sta circondando pacificamente anche la stessa Casa Bianca: «Molta meno folla a Washington di quanto previsto», ringraziando poi la Guardia nazionale, il Secret service e la polizia del distretto di Columbia per il loro «fantastico lavoro».
June 7, 2020
Il no del Pentagono
Nei giorni scorsi tanto il segretario della Difesa, Mark Esper, quanto il capo dello Stato maggiore delle Forze armate, Mark Milley, avevano dichiarato pubblicamente la contrarietà del Pentagono all’impiego dell’esercito per fronteggiare le proteste che montavano in buona parte degli Stati Uniti, spesso accompagnate da saccheggi e devastazioni.
Una posizione che diversi media Usa spiegano sia stata al centro dello scontro tra i vertici del Pentagono e il presidente Usa, che durante la riunione di lunedì scorso alla Casa Bianca ha chiesto il dispiegamento di 10 mila soldati da schierare in tutte le città in cui stavano scoppiando le proteste.
Unica concessione del capo del Pentagono al presidente Usa è stato lo schieramento di 1.600 militari, messi a disposizione in caso di necessità nell’area di Washington, assieme ai 5 mila della Guardia nazionale che erano già stati mobilitati. Quattro giorni dopo, però, quei 1.600 militari sono stari richiamati, mentre la Guardia nazionale è stata disarmata. Decisioni che hanno irritato Trump, che ha avuto un confronto teso anche con il generale Milley.
Proprio il capo dello Stato maggiore delle Forze armate, così poi detto pubblicamente, contestava al presidente Usa la legalità di un decreto presidenziale che avrebbe schierato i militari contro le proteste. Un’ipotesi che ha allarmato Milley, al punto da spingerlo a mettere a conoscenza delle intenzioni del presidente Usa sia la speaker del Congresso, Nancy Pelosi, che il leader dei senatori democratici Chuck Schumer.
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