Università in crisi d’identità? Perse 37mila matricole in 15 anni. Metà dei neolaureati pronta a lasciare l’Italia
Un’emorragia da 37mila matricole negli ultimi 15 anni. Il numero è così importante che viene da chiedersi cosa stia accadendo all’università italiana, se non stia perdendo parte della sua funzione originaria nella percezione degli studenti che finiscono il secondo ciclo di istruzione. In particolare, stando a quanto emerge dall’ultimo rapporto Almalaurea, il calo più importante relativo ai nuovi iscritti è stato registrato fino all’anno accademico 2013/14. Poi c’è stata una parziale ripresa ma, nonostante questo, dal 2003/04 al 2018/19 le università hanno perso oltre 37mila matricole, con una contrazione del 11,2%.
Il calo più vistoso nelle immatricolazioni si è registrato nelle aree del Sud, dove la sfiducia nell’istituzione università o difficoltà nei mezzi indispensabili per poterla frequentare giocano un ruolo decisivo: – 23,6% di iscrizioni tra i diplomati tecnici e professionali e tra coloro che provengono dai contesti familiari meno favorevoli. È infatti la famiglia a continuare ad avere un forte impatto sulla decisione di completare il percorso universitario o sulla scelta particolare del corso di laurea: il rapporto rileva una sovra-rappresentazione dei laureati provenienti da «ambienti familiari favoriti dal punto di vista socio-culturale».
L’impatto del contesto familiare
In particolare, i laureati provengono per il 31,8% da famiglie della classe media, rispettivamente impiegatizia e autonoma, per il 22,4% da famiglie di più elevata estrazione sociale (ove i genitori sono imprenditori, liberi professionisti e dirigenti) e per il 21,8% da famiglie in cui i genitori svolgono professioni esecutive (operai ed impiegati esecutivi). La percentuale dei laureati di più elevata estrazione sociale – stando sempre ad Almalaurea – sale al 32,7% fra i laureati magistrali a ciclo unico, un percorso che richiede un investimento di durata maggiore rispetto alle lauree di primo livello. Inoltre, i laureati con almeno un genitore in possesso di un titolo universitario sono il 30,4% (nel 2009 erano il 26,1%).
Neolaureati pronti a lasciare l’Italia e – se serve – l’Europa
Oltre all’emorragia di matricole c’è poi quella legata ai neolaureati pronti a lasciare il Paese per trasferirsi all’estero, in cerca di migliori indirizzi di specializzazione o migliori opportunità di inserimento lavorativo. Secondo il rapporto di Almalaurea, quasi la metà dei neolaureati è pronta a partire. La disponibilità a lavorare all’estero è dichiarata dal 47,3% dei laureati: il 48,8% per i laureati di primo livello, il 43,3% per i magistrali a ciclo unico e 46,1% per i magistrali biennali. Il 31,8%, inoltre, è addirittura pronto a trasferirsi in un altro continente.
Il 90% dei laureati è soddisfatto dell’esperienza
Intanto, coloro che frequentano l’università si ritengono – in 9 casi su 10 – complessivamente soddisfatti del percorso che li ha portati a conseguire a laurea. Soddisfazione che negli ultimi 10 anni è salita dall’86,6% al 90,1% tra i laureati di primo livello. L’87,8% dei laureati tra l’altro è complessivamente soddisfatto del rapporto con il corpo docente e il 75% lo è delle infrastrutture messe a disposizione dall’ateneo.
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