Fondazione Montanelli: «Indro accettò quel matrimonio proposto dalla popolazione locale. La statua non si tocca»
Giuseppe Sala, sindaco di Milano, e Alessio Spinelli, sindaco di Fucecchio (provincia di Firenze). Sono questi i destinatari della lettera scritta da Alberto Malvolti, il presidente della Fondazione Montanelli Bassi. Il titolo è Una proposta irricevibile e la proposta è quella che è stata lanciata da I Sentinelli di Milano nelle ultime ore: rimuovere la statua del giornalista dai Giardini di Porta Venezia.
Fucecchio è la città natale di Montanelli, mentre Milano è quella in cui ha forgiato la sua carriera giornalistica, da quando nel settembre del 1938 pubblicò il suo primo articolo per il Corriere della Sera.
La richieste di spostare la statua sull’onda delle proteste statunitensi
I Sentinelli, gruppo di attivisti milanesi attivi in diverse campagne, hanno mandato una lettera al sindaco di Milano in cui chiedono la rimozione della statua di Montanelli che si trova nell’area verde vicino a Porta Venezia, nel cuore della città. Un’area anch’essa dedicata al giornalista colonna del Corriere della Sera e fondatore de Il Giornale.
La proposta nasce sull’onda delle proteste iniziate negli Stati Uniti dopo la morte di George Floyd. Proteste che hanno visto l’abbattimento di numerse statue di personaggi che si sono macchiati di crimini razzisti, come quelli legati alla tratta degli schiavi. L’accusa principale dei Sentinelli riguarda la relazione tra Montanelli e una bambina di 12 anni che sposò durante una campagna in Abissinia nel 1935.
«A Milano ci sono un parco e una statua dedicati a Indro Montanelli, che fino alla fine dei suoi giorni ha rivendicato con orgoglio il fatto di aver comprato e sposato una bambina eritrea di dodici anni perché gli facesse da schiava sessuale, durante l’aggressione del regime fascista all’Etiopia – ha scritto il movimento in una lettera indirizzata al sindaco di Milano e al consiglio comunale»
Un passaggio della lettera de I Sentinelli
La risposta della Fondazione Montanelli
La risposta della Fondazione è chiara ed è un secco no. Qui di seguito pubblichiamo la versione integrale della lettera inviata dal presidente Malvolti ai sindaci di Milano e Fucecchio, città natale di Montanelli.
È da ieri che, ancora una volta, si sta sviluppando un’incredibile e offensiva polemica sulla statua dedicata nel 2006 a Indro Montanelli, il grande giornalista che amava dire: “Tutto ciò che sono lo devo a Fucecchio, tutto quello che sono diventato lo devo a Milano”, in una dichiarazione di affetto e di riconoscenza per le sue due “patrie”.
Si tratta di una violenta polemica che deforma rozzamente e in modo strumentale una vicenda mai nascosta da Montanelli e che deve essere giudicata nel contesto storico in cui è avvenuta. Il dossier allegato propone la documentazione utile per ragionare obiettivamente sui fatti di cui si sta discutendo. Le testimonianze lasciate da Montanelli e il contesto storico in cui quei fatti avvennero dimostrano che non ci fu alcuna violenza né tanto meno ci furono atteggiamenti razzisti da parte di Indro, che accettò quel ‘matrimonio’ proposto dalla popolazione locale e celebrato pubblicamente secondo gli usi e i costumi abissini.
Razzista fu, semmai, il provvedimento fascista che di lì a poco proibì i matrimoni misti in nome della superiorità della razza bianca.
Riteniamo che anche il solo ipotizzare la rimozione di Indro sarebbe un’offesa alla memoria del più popolare e apprezzato giornalista italiano del Novecento oltre a rappresentare un insulto alla città di Milano che nel giornalista ha sempre riconosciuto un proprio cittadino di cui essere orgogliosa.Non è la prima volta che, con una visione distorta della storia e alla luce di un singolo avvenimento, si accusa un uomo che attraverso decine di libri e decine di migliaia di articoli, ha speso una lunga esistenza a raccontare vicende, costumi, personaggi dell’Italia e del mondo divenendo un modello di scrittura giornalistica universalmente riconosciuto. Un uomo che con i suoi scritti è stato il testimone del ventesimo secolo e si è battuto sempre per la libertà e l’indipendenza della propria professione è ora preso a bersaglio per una vicenda della sua giovinezza, deformata e strumentalizzata ingiustamente.
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