Coronavirus, una nuova speranza per i pazienti gravi: il desametasone «è il primo salvavita»
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Viene dal Regno Unito la speranza – e per adesso solo quella – che un farmaco economico possa salvare la vita ai pazienti con sintomi gravi di Covid-19. Il principio attivo si chiama desametasone e fa parte della lista di potenziali farmaci oggetto di studio, per accertarne la reale efficacia e sicurezza. Lo ha annunciato la Bbc con un articolo di Michelle Roberts.
«Un farmaco economico e ampiamente disponibile chiamato desametasone può aiutare a salvare la vita ai pazienti gravemente malati di coronavirus – scrive l’autore – Riduce di un terzo il rischio di morte per i pazienti sottoposti a ventilazione. Per quelli con ossigeno, ha tagliato le morti di un quinto».
Potrebbe quindi rappresentare un’arma in più nei reparti di terapia intensiva, ma nessuno parla della cura contro il Covid-19. Secondo i ricercatori che l’hanno studiato, un farmaco del genere (supponendo che la sua efficacia si riveli effettivamente dimostrata), avrebbe risparmiato la vita ad almeno cinquemila persone.
Cos’è il progetto RECOVERY trial di Oxford
Sotto l’egida dell’Università di Oxford è in atto un progetto denominato RECOVERY trial (Randomised Evaluating of COVID-19 Therapy). Si tratta di un ampio studio destinato a verificare l’efficacia dei potenziali trattamenti contro il Covid-19.
«Sebbene questi trattamenti mostrino risultati promettenti – spiegano gli organizzatori – nessuno sa se qualcuno di loro si rivelerà più efficace nell’aiutare i pazienti a riprendersi rispetto ai soliti standard di cura presso il proprio ospedale (che riceveranno tutti i pazienti)».
Tra i trattamenti in lizza anche il Lopinavir-Ritonavir (solitamente usato contro l’Hiv) e vari corticosteroidi, tra i quali la idrossiclorochina, la azitromicina e il tocilizumab. Di alcuni di questi rimedi avevamo già parlato, riscontrando non poche delusioni e studi ritrattati. Facciamo notare comunque, che persino Derek Lowe (severo guardiano contro la cattiva Ricerca), nutre su Science buone speranze, riguardo allo sforzo compiuto dal progetto di Oxford.
Un potenziale aiuto per i pazienti in gravi condizioni
Come spiegavamo già in precedenti articoli, il focus della ricerca su farmaci del genere è quello di prevenire la famigerata «tempesta di citochine», che rappresenta un sicuro trasferimento in terapia intensiva.
Il desametasone in particolare è uno steroide, che a seconda dei casi può funzionare per ridurre le infiammazioni. Stando a quanto riferisce la Bbc, su 20 pazienti sottoposti a basse dosi, 19 hanno miglioramenti, tali da scongiurare l’ospedalizzazione. Per quelli già ricoverati si sarebbero registrati miglioramenti nella maggioranza dei casi. Insomma, «sembra aiutare», afferma Roberts.
Tutte queste informazioni provengono dai due ricercatori che guidano il progetto di Oxford: i professori Peter Horby e Martin Landray. La ricerca ha coinvolto circa duemila pazienti ospedalizzati a cui è stato somministrato il principio attivo, altri quattromila non hanno ricevuto il farmaco, fungendo così da gruppo di controllo, onde evitare di registrare effetti dettati dal caso.
Rischio di morte ridotto in alcuni tipi di pazienti
Stando ai primi risultati, inoltre, il rischio di morte per i pazienti sottoposti a ventilazione si ridurrebbe dal 40% al 28%. Quelli che necessitano di ossigeno hanno invece margini meno ampi, ma per niente trascurabili: dal 25% al 20%.
«I risultati suggeriscono che per ogni otto pazienti che necessitano di ventilatori si potrebbe salvare una vita – continua Landray – C’è un chiaro vantaggio. Il trattamento dura fino a 10 giorni di desametasone e costa circa cinque sterline a paziente».
Per quanto riguarda invece altri farmaci come il remdesivir e l’idrossiclorochina, i ricercatori confermano che, in entrambi i casi, si è trattato di un buco nell’acqua.
Foto di copertina: RECOVERY trial | Locandina del progetto con invito a contribuire nella Ricerca di farmaci efficaci.
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