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Consiglio europeo, ripartono le trattative sul Recovery Fund, “ostaggio” dei Paesi frugali. Conte: «Serve accordo entro luglio»

19 Giugno 2020 - 17:00 Redazione
Le trattative andranno avanti almeno fino al vertice del 9-10 luglio. Per il premier Giuseppe Conte «la proposta della Commissione è equa e ben bilanciata»

Se luglio sarà il mese delle decisioni, giugno è quello dei negoziati. Così i leader europei oggi, 19 giugno, si incontrano nuovamente per discutere di quanti miliardi destinare ai Paesi colpiti dal Coronavirus, e come. Nel Consiglio europeo di oggi l’attenzione dei capi di governo sarà sul Recovery Fund (ribattezzato dalla Commissione europea Next Generation Eu, per suggerire lungimiranza nel giudizio), il piano di 750 miliardi di euro per uscire dalla crisi economica e sociale iniziata con la pandemia che attualmente vede l’Italia come principale beneficiario (a noi andrebbe la somma più grande: più di 170 miliardi di euro, 80 come aiuti e 90 come prestiti). Ma il negoziato si preannuncia, come la solito, difficile.

Cosa dice il premier Conte

Per il premier Giuseppe Conte «la proposta della Commissione è equa e ben bilanciata»: «Sarebbe un grave errore scendere al di sotto delle risorse finanziarie già indicate. La combinazione tra prestiti e sussidi è ben costruita, anche i tempi sono molto importanti. Dobbiamo assolutamente chiudere l’accordo entro luglio e dobbiamo assecondare gli sforzi della Commissione di rendere disponibili alcune risorse già per quest’anno» ha detto al Consiglio Ue.

«Dobbiamo mantenere distinti i criteri di allocazione del Quadro Finanziario Pluriennale e quelli del “Next Generation EU” – ha aggiunto – e, in ogni caso, considerare queste due proposte come componenti un unico pacchetto indivisibile. Questo consentirà all’Italia di avere un atteggiamento più flessibile su alcuni aspetti del Qfa, ad esempio quelli che appaiono più anacronistici (come i “rebates”)».

La difesa di Sassoli e di von der Leyen

A giudicare da quanto dichiarato dal presidente del Parlamento europeo, il giornalista italiano David Sassoli, l’Ue difenderà con vigore il pacchetto di misure presentate dalla Commissione a fine maggio. Intervenendo in apertura della videoconferenza dei capi di Stato e di governo europei, Sassoli ha definito la proposta della Commissione Ue «una proposta ambiziosa» che rappresenta «la base minima di partenza». «Non accetteremo nessun passo indietro», ha aggiunto.

«Intervenire solo con prestiti avrebbe conseguenze asimmetriche sul debito dei singoli Stati membri e sarebbe più costoso per l’Unione nel suo insieme». Prima ancora che iniziasse la videoconferenza, la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen si è spesa a sua volta in una difesa del piano europeo, da lei definito «ambizioso ed equilibrato». «L’Europa ora deve investire e riformarsi per uscire dalla crisi», il suo appello su Twitter. «È una chance che l’Europa non può farsi sfuggire». Anche Angela Merkel ha voluto sottolineare la portata storica del momento che tutta l’Europa sta attraversando e delle responsabilità che ne derivano: «L’Ue sta attraversando la recessione più grave dalla Seconda guerra mondiale e ha tutto l’interesse a varare il Recovery plan entro la fine dell’estate, prima di eventi come le elezioni americane».

Resistenza frugale

Come è avvenuto più volte nel corso degli ultimi mesi, le richieste di aiuto da parte di alcuni tra i Paesi più colpiti dal Coronavirus – in cima Italia, Spagna e Francia – si scontra con il rigorismo fiscale dei cosiddetti “Frugal Four“: Austria, Danimarca, Svezia e Paesi Bassi. Difficilmente daranno l’ok ai 750 miliardi – un totale superiore anche alla richiesta iniziale di Francia e Germania, che era di 500 miliardi e che quindi neppure Angela Merkel sembra essere disposta a difendere fino all’ultimo.

Il primo segno in tal senso arriva dal ministro delle finanze austriaco, Gernot Bluemel che, in un’intervista a La Stampa, ribadisce l’opposizione del suo Paese a un aumento così massiccio della spesa pubblica europea e a una condivisione del debito che ne risulterebbe tra i Paesi europei. «Siamo sempre pronti a negoziare ma non possiamo accettare questo piano – dichiara. – I contribuenti austriaci pagherebbero troppo e troppo a lungo: con la proposta attuale della Commissione europea, aumenterebbe del 50% la quota che dobbiamo versare all’Ue». In un messaggio diffuso ai margini del vertice il cancelliere austriaco Kurz rincara la dose e invoca un limite di tempo agli aiuti affinché il Recovery Fund non «apra la strada a un’unione del debito». «Si deve discutere di chi paga quanto, di chi beneficia di più e di quali condizioni vincolano gli aiuti», continua Kurz che fa sapere, «l’Austria è ben coordinata con Danimarca, Olanda e Svezia».

Cosa ne sarà dei 170 miliardi “italiani”?

Molto probabilmente l’Italia dovrà accettare una fetta più piccola della torta. L’altro fronte dei negoziati – al di là della ripartizione dei fondi tra i vari Paesi Ue e il loro volume complessivo – dovrebbe essere sulle “condizioni” a cui gli aiuti sono legati, più flessibili rispetto ai prestiti del Mes (37 miliardi, da spendere direttamente o indirettamente in spese sanitarie), ma non abbastanza rigide secondo i Paesi frugali. Insomma, si discuterà anche di quale tipo di investimenti e riforme potranno essere destinati gli aiuti e in che forma (sussidi o prestiti).

Altro tema di scontro è la tempistica degli aiuti che alcuni Paesi – tra cui l’Italia – chiedono a partire da adesso o comunque entro la fine dell’anno. Su questo concetto ha insistito anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha ricevuto ieri Giuseppe Conte e i ministri al Quirinale. Ma il summit europeo di oggi – che non si svolgerà in presenza ma in videoconferenza – segnerà una tappa interlocutoria nei negoziati. Difficilmente una decisione arriverà prima del 9-10 luglio, il primo Consiglio che dovrebbe vedere i leader europei riunirsi di persona a Bruxelles.

Merkel: «I fondi Ue non prima del 2021»

Frena gli entusiasmi la cancelliera tedesca Angela Merkel: «Non credo che si possano versare i fondi già quest’anno», ha detto in conferenza stampa subito dopo la videoconferenza del Consiglio europeo. Insomma, niente fondi prima del 2021 perché «i parlamenti devono prima ratificare le decisioni europee». L’auspicio della cancelliera è che gli Stati membri possano contare sui fondi a partire dal prossimo gennaio.

Rutte: «Non so se raggiungeremo l’intesa in estate»

«Ci sono enormi differenze di opinioni – nella discussione sul Recovery fund -. Non so dire se chiuderemo la discussione entro la pausa estiva. Nessuno di noi vuole tirarla per le lunghe. La velocità aiuta, ma in questa discussione il contenuto è fondamentale». Così l’olandese Mark Rutte, tra i premier che hanno più ostruzionismo riguardo l’erogazione di fondi Ue ai Paesi che più hanno sofferto per il coronavirus. Al termine della videoconferenza del Consiglio europeo, Rutte ha tuttavia specificato che «da quanto mi risulta, il pacchetto da 540 miliardi delle misure già approvate – Mes light, Sure per la disoccupazione e fondi Bei – è ancora intatto».

Foto in copertina di repertorio: ANSA / UFFICIO STAMPA PALAZZO CHIGI / FILIPPO ATTILI

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