Remuzzi (Istituto Mario Negri): «Basta paura. I nuovi positivi sono meno contagiosi». E anticipa uno studio
Stando ai bollettini quotidiani della Protezione Civile e in particolare della regione Lombardia l’epidemia di Coronavirus è tutt’altro che sparita. Ieri si contavano 333 nuovi contagi, di cui 216 soltanto in Lombardia per un totale di oltre 23mila persone ancora positive in tutto il Paese. Se nella Fase 1 e 2 i dati forniti quotidianamente erano oggetto di critiche perché ritenuti incompleti – mancavano i “casi sommersi” di persone che non erano state sottoposto al tampone – oggi ciò che viene contestato è soprattutto l’interpretazione del dato sui positivi: essere positivo al tampone vuol dire ancora essere pericoloso veicolo di contagio? Oppure l’epidemia sta realmente perdendo forza?
Così sostiene Alberto Zangrillo, primario del San Raffaele di Milano e direttore della terapia intensiva, secondo cui la carica virale dell’epidemia è diminuita in modo così radicale rispetto ai mesi di febbraio e aprile da poter dichiarare “morto” il Covid dal punto di vista clinico. Un dato che si riscontra nei tamponi, ma anche nei pazienti stessi che, secondo Zangrillo, non necessitano, in molti casi, di cure in ospedale come avveniva prima. A fare da eco a Zangrillo in un’intervista al Corriere della Sera è Giuseppe Remuzzi, direttore della fondazione Mario Negri che in questi giorni ha condotto uno studio che sembra dare ragione a Zangrillo.
I nuovi positivi non sono contagiosi? Così sostiene Remuzzi che cita Nature
Il dato principale è che i tamponi risultati positivi – 40 in tutto su un totale di 133 ricercatori e 298 dipendenti della Fondazione – avevano una carica virale molto bassa che Remuzzi definisce «non contagiosa». Così bassa che per “trovarla” andava amplificata con «cicli molto alti». «Li chiamiamo contagi, ma sono persone positive al tampone», continua. «Commentare quei dati che vengono forniti ogni giorno è inutile perché si tratta di positività che non hanno ricadute nella vita reale».
A dirlo sarebbe un lavoro appena pubblicato dalla prestigiosa rivista scientifica Nature e confermato da altri studi. «Sotto le centomila copie di Rna non c’è sostanziale rischio di contagio [….] quindi nessuno dei “nostri” 40 positivi risulterebbe contagioso».
Un’affermazione forte che, se dovesse rivelarsi vera, potrebbe mettere in discussione non soltanto i dati della Protezione civile, ma la strategia del Governo. «L’Istituto superiore di Sanità e il governo devono qualificare le nuove positività, o consentire ai laboratori di farlo, spiegando alla gente che una positività inferiore alle centomila copie non è contagiosa, quindi non ha senso stare a casa, isolare, così come non è più utile fare dei tracciamenti che andavano bene all’inizio dell’epidemia», conclude l’esperto.
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