L’idea di Conte: taglio dell’Iva a tempo. Come funziona e perché potrebbe essere un fallimento
L’Italia tira la cinghia e, dopo la pandemia da Coronavirus, smette di fare shopping. Non compra più automobili (-35%), non cambia vestiti e calzature (-54%), rinuncia all’arredamento per la casa (-60%), e non va al ristorante né in vacanza (-65%). Al massimo i connazionali si concedono un drink e una cena a casa con gli amici (+3,5%).
Anche il premier Giuseppe Conte deve aver preso visione della Caporetto dei consumi del mese di maggio, elencati in un report dell’ufficio studi di Confcommercio che non lascia scampo. E deve aver concluso che un pezzo di Paese è rimasto ancora barricato in lockdown, a causa di un crisi scatenata dal Covid che ha bloccato le attività produttive, interrotto i consumi, piegato l’occupazione.
Per far riaprire davvero il Paese, il premier Giuseppe Conte sta studiando una riduzione sull’Iva, che è l’imposta sui consumi, ha confermato lui stesso oggi pomeriggio, 22 giugno, nel corso del forum on line organizzato dal sito de Il Fatto Quotidiano. Magari una taglio selettivo a sostegno dei settori più colpiti dalla pandemia: ristorazione, spettacolo, turismo.
Quanto vale l’ex Ige
Meno tasse sui consumi per incentivare i consumi? Funzionerà? L’Iva in Italia è stata introdotta nel 1968, prima c’era l’Ige, e da allora tiene banco nel dibattito politico. L’imposta sul valore aggiunto porta nelle casse dello Stato più di centoquaranta miliardi di euro, quasi un quarto delle entrate tributarie. Un bel gruzzolo ma che potrebbe valere molto di più, se 30 miliardi di Iva non finissero ogni anno divorati nelle mille bocche dell’evasione fiscale.
Tant’è che dopo anni trascorsi nel tentativo di disinnescare o perlomeno rinviare la miccia delle clausole di salvaguardia Iva (che sarebbe dovuta aumentare qualora non fossero stata centrati gli obiettivi di finanza pubblica), oggi il governo intende ridurre la tassa di «un po’» e «per un po’». Per cercare di risollevare i consumi. E così far ripartire un paese bloccato, fermo alla quarantena dei consumi.
La maggioranza si è già spaccata sulla misura e le opposizioni invece sono compatte nel dirsi contrarie. Lo stesso premier ammette che il taglio dell’Iva è «molto costoso». Ogni punto in meno di Iva costerebbe almeno 4,5 miliardi di gettito fiscale. Non proprio bruscolini. Il governatore di Bankitalia Ignazio Visco frena, sollevando più di un dubbio: «Serve una riforma complessiva e non una visione imposta per imposta», anche perché i fondi europei che avremo a disposizione «andranno spesi bene e non in mille rivoli».
Come potrebbe funzionare
Chi sostiene l’idea di un alleggerimento dell’Iva, come Unimpresa, suggerisce un taglio di almeno tre punti, con l’aliquota sotto il 20%, e sostiene che lo stimolo finanziario e insieme psicologico riavvierebbe la macchina dei consumi portando quindi più gettito.
Dello stesso avviso è Bernardo Bertoldi, docente di economia all’Università di Torino: «La crisi che stiamo vedendo arrivare – dice l’economista – non è un terremoto finanziario come quello che si è verificato nel 2008 ma è come un’onda i cui effetti saranno chiari non prima di settembre».
«Un taglio dell’Iva – continua Bertoldi – può servire a incentivare i consumi ma dovrebbe essere netto, per almeno due o tre punti percentuali. E dovrebbe essere compreso in un tempo ben limitato. Non dimentichiamo che il nostro debito continua a crescere ed è sostenibile solo perché la Bce compra i nostri titoli. Non lo farà per sempre».
Ma non tutti gli esperti la pensano allo stesso modo. Secondo Enrico Zanetti, tributarista ed ex viceministro alle Finanze del governo Renzi, un intervento del genere di riduzione dell’Iva rischia di essere costoso e del tutto inutile. Zanetti dice che un’iniziativa del genere «sottolinea la nostra subalternità alla Germania: i tedeschi tagliano l’Iva allora lo facciamo anche noi».
Il commercialista ed ex segretario di Scelta civica boccia l’ipotesi di un taglio dell’Iva ma rilancia: «Se riusciamo a trovare 8 miliardi da spendere, allora puntiamo su investimenti che possano rilanciare i consumi. Penso all’auto e alle flotte aziendali. Il Paese riparte solo con politiche decise, se ci accontentiamo del bonus vacanza non andiamo da nessuna parte».
Foto in evidenza di StellrWeb su Unsplash
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