L’Arabia Saudita cancella il pellegrinaggio a La Mecca. Trema l’economia del Regno
Dopo l’inusuale Ramadan vissuto dai fedeli musulmani a causa del lockdown, l’Arabia Saudita ha deciso di limitare l’annuale pellegrinaggio alla Mecca – l’Hajj – a un numero ristretto di persone per contenere la diffusione del contagio. Per la prima volta dal 1932, anno della costituzione dell’attuale Regno saudita, i pellegrini stranieri non potranno partecipare al rito annuale nelle città sante dell’Islam. Il pellegrinaggio sarà quindi consentito a un numero limitato di fedeli stranieri che già risiedono in Arabia Saudita. La decisione avrà delle forti ripercussioni su milioni di musulmani. Uno dei cinque pilastri dell’Islam è la sua pratica, obbligatoria per tutti i fedeli che passano spesso una vita intera a mettere da parte il denaro necessario per intraprendere il viaggio.
Ma con un’economia già colpita dall’emergenza sanitaria globale, la cancellazione dell’Hajj è anche un colpo alle casse del Regno, vista anche la grave crisi energetica che ha portato a un drastico calo dei prezzi del petrolio, la maggiore risorsa economica del Regno. E proprio per arginare la dipendenza di Riad dalle esportazioni di greggio, il principe ereditario Mohammad Bin Salman ha potenziato nel suo piano Vision2030 di rilancio del Paese il settore del turismo religioso, che nel 2018 ha fruttato 20 miliardi dollari, pari al 2,7% del prodotto interno lordo saudita.
Per diversificare le entrate di Riad, MbS ha potenziato il pellegrinaggio minore – l’Umrah – sospeso anche quest’ultimo a causa della pandemia. Il turismo religioso equivale «a circa un mese di esportazioni di petrolio», ha detto l’economista Charles Robertson a Bloomberg. Ad essere cancellata sarà anche la festa del sacrificio di Eid al-Adha, che segna la fine dell’annuale pellegrinaggio. Celebrata il decimo giorno di Dhū al-Hijjah, l’ultimo mese del calendario lunare islamico, l’evento commemora un episodio presente anche nella Bibbia in cui Dio chiese ad Abramo di sacrificare suo figlio Isacco come prova di fede.
Negli ultimi giorni l’Arabia Saudita ha visto un incremento di casi, con 22mila solo a La Mecca e più di 160mila nel resto del Paese. Una decisione che vuole dunque evitare che la la città sacra diventi un altro luogo di catastrofi come quelle avvenute negli anni precedenti. Il 24 settembre del 2015 una calca formatasi a Mina, città a 5 chilometri da La Mecca, aveva provocato la morte di 717 persone con più di 800 feriti.
Per AP i morti ufficiali sarebbero stati 2,411. Pochi giorni prima, l’11 settembre, il crollo di una gru nella città santa aveva portato ad altre 107 vittime. Il 20 novembre del 1979 il cuore dell’Islam era stato invece stato colpito da un attacco terroristico, quando un gruppo di estremisti assaltarono il sito che ospita la Ka’ba, l’edificio cubico simbolo del rito di circumambulazione dei pellegrini al termine dell’Hajj. Migliaia di fedeli rimasero intrappolati e centinaia furono uccisi durante un assedio durato una settimana.
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