Coronavirus. Studio italiano suggerisce i promettenti effetti del tocilizumab
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Fin dai primi di marzo il tocilizumab aveva dato promettenti segnali sul fronte del trattamento dei casi gravi di Covid-19, a seguito di una sperimentazione svolta dall’Istituto per i Tumori Pascale di Napoli. Il farmaco prodotto da La Roche aveva già ottenuto il benestare dal National Health Commission della Repubblica Popolare Cinese.
Oggi un nuovo studio apparso su The Lancet – al cui lavoro hanno partecipato diverse nostre vecchie conoscenze, come Andrea Cossarizza, Cristina Mussini e Marianna Meschiari – suggerisce che i morti si ridurrebbero di un terzo; anche il rischio di entrare in ventilazione assistita si potrebbe ridurre notevolmente. Persino attenti revisori scientifici come il professor Enrico Bucci, hanno annunciato con entusiasmo il lavoro dei colleghi italiani:
«Questo è il potere degli studi fatti bene, in cui gli effetti confondenti sono trattati ed il potere statistico del campione è sufficiente».
La ricerca contro la tempesta di citochine
Questo principio attivo interviene non direttamente nel SARS-CoV2, ma contro una grave infiammazione dovuta alla tempesta di citochine, per la quale è in studio anche un anticorpo monoclonale al San Raffaele. Il rilascio incontrollato di citochine mediante le cellule del Sistema immunitario, è un fenomeno già osservato in altre malattie respiratorie con decorsi gravi, compresa la Sars, ma non è ancora chiaro perché il fenomeno avviene solo in alcuni pazienti.
Dopo i primi segnali promettenti riguardo al tocilizumab, si attendevano ulteriori studi che ne confermassero sicurezza ed efficacia. Il farmaco è in studio assieme ad altri corticosteroidi – alcuni usati solitamente nel trattamento dell’artrite reumatoide – come la azitromicina e il desametasone, dal progetto di ricerca dell’Università di Oxford RECOVERY trial.
Come è stato svolto lo studio
Al momento però non parliamo di una terapia riconosciuta per trattare da sola le polmoniti dovute al Covid-19, ed è questo un particolare evidenziato fin dalle prime righe. Si tratta di uno studio osservazionale che tiene conto di pazienti ospedalizzati dai diciotto anni in su, con gravi polmoniti, negli Istituti di Bologna e Reggio Emilia, monitorati dal 21 febbraio al 24 marzo 2020; compreso un centro di cura terziaria di Modena, con ricoveri registrati fino al 30 aprile.
L’analisi riguarda 544 pazienti con polmoniti gravi dovute al Covid-19, provenienti da un campione di 1351 ricoverati nelle strutture di riferimento, di questi 359 erano maschi con una età media di 67 anni. Tutti avevano insufficienze respiratorie e necessità di ossigeno. I ricoverati nella struttura modenese risultavano più compromessi. Come in altri studi simili, tutti sono stati trattati con le cure standard, mentre a un sottogruppo non randomizzato è stato somministrato il farmaco per via endovenosa, coi risultati già accennati.
«Il trattamento con tocilizumab – spiegano gli autori – somministrato per via endovenosa o sottocutanea, può ridurre il rischio di ventilazione meccanica invasiva o morte in pazienti con grave polmonite COVID-19».
Limiti e opportunità della ricerca
Ma un farmaco non deve solo dimostrarsi efficace, è importante che non dia luogo a eventi avversi, tali da renderlo peggiore del male che si voleva curare. Si tratta di un aspetto che lo studio non riesce a chiarire del tutto. Il breve periodo di tempo considerato, non consente infatti di valutare effetti collaterali precoci o a lungo termine.
Un altro limite dello studio è dovuto al fatto che i pazienti non sono stati selezionati in maniera casuale (randomizzata), minimizzando eventuali bias. Inoltre, il gruppo che aveva ricevuto solo cure standard era composto dai pazienti più anziani, i quali di base sono i soggetti che corrono maggiori rischi, anche se in prevalenza erano anche di sesso femminile, che sembrerebbero avere più probabilità di avere decorsi migliori.
Rimangono fuori dallo studio altre incognite, le quali potrebbero essere chiarite in altri studi. Questi risultati si possono generalizzare, supponendo che corrispondano grosso modo in tutti i casi al Mondo? La risposta dipende dal contesto epidemiologico e dalle tempistiche con cui si ricorre al farmaco.
Questo studio è un passo avanti importante, ma ne serviranno diversi altri, e non si tratta dell’unico farmaco in fase di test, come abbiamo mostrato sopra concorre assieme a diversi altri.
«In conclusione – continuano i ricercatori – la somministrazione di tocilizumab sia endovenosa che sottocutanea potrebbe essere in grado di ridurre il rischio di ventilazione meccanica invasiva o morte in pazienti con grave polmonite COVID-19. Sebbene questi risultati siano incoraggianti, dovrebbero essere confermati in studi randomizzati in corso».
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