Confindustria Giovani, Calearo: «Il problema degli under 40? Scarse competenze e troppa instabilità nel lavoro»
A discapito della dicitura, le elezioni del 26 giugno non sono un gioco da ragazzi. I protagonisti di questa votazione hanno tra i 18 e i 40 anni e coprono ruoli di responsabilità nelle aziende iscritte a Confindustria. Rappresentano il tessuto produttivo del Paese, di oggi e di domani: 13.000 imprenditori nati dopo il 1980 aspettano di conoscere il presidente dei Giovani industriali, carica che si contendono Riccardo Di Stefano, classe 1986, ed Eugenio Calearo Ciman, classe 1982.
Il primo palermitano, dall’età di 26 anni ai vertici dell’azienda di famiglia, l’Officina Lodato e già vicepresidente di Confindustria Giovani, il secondo vicentino, imprenditore di terza generazione e figlio di Massimo Calearo, deputato della XVI legislatura. Entrambi erediteranno una posizione ingombrante nella scacchiera della classe dirigente italiana: tra i loro predecessori, Luigi Abete, Antonio D’Amato ed Emma Marcegaglia. Tutti e tre, in seguito, sono stati eletti anche presidenti della Confindustria “dei grandi”.
Uno tra Di Stefano e Calearo riceverà il testimone da Alessio Rossi, eletto nel 2017. Il dossier che dovrà gestire è bollente: l’emergenza Coronavirus ha stravolto il modo di concepire l’impresa e il futuro, più incerto che mai, pretenderà una riconsiderazione del sistema economico del Paese. Per i giovani, agli Stati generali fortemente voluti dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, non c’è stato molto spazio. La ripartenza, tuttavia, non può prescindere da loro.
Ieri, 25 giugno, i metalmeccanici di Fim, Fiom e Uilm sono scesi in piazza per una manifestazione di dimensioni che non si vedevano da tempo: in Italia ci sono circa 150 crisi industriali irrisolte e congelate per la pandemia, ma divieti e sussidi statali stanno per terminare e 300 mila operai rischiano di perdere il posto di lavoro. Ed è nella visione dei giovani industriali che l’eterno antagonismo tra sindacati e imprese potrebbe sciogliersi: l’uguaglianza di genere e l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro sono temi cari agli uni e agli altri.
Nelle parole di Calearo a Open, poi, anche riguardo alla flessibilità appare una certa presa di coscienza che bisogna garantire ai ragazzi maggiore stabilità. «Abbiamo bisogno di flessibilità, ma dopo i tre anni di contratto a termine – non due, soglia abbassata con il decreto Dignità del 2018 -, deve scattare il tempo indeterminato. È vero che l’abuso dei co.co.co e dei contratti intermittenti generano una situazione di perenne instabilità nei giovani e non è giusto».
Il rapporto con la politica
Avremmo voluto conoscere anche la posizione di Di Stefano, ma l’altro candidato ha preferito non rilasciare interviste alla vigilia delle votazioni. Certo è che in questa transizione verso una società post-covid, l’attività di lobbying dei giovani industriali sarà determinante per sintetizzare un nuovo modo di fare impresa. «I giovani imprenditori – afferma Calearo -, dovrebbero assumersi la responsabilità di creare dibattito sui temi cruciali per lo sviluppo del Paese a lungo termine. Temi tralasciati dalla politica perché non sono di interesse immediato: ma il vero cambiamento prevede una visione dilatata nel tempo».
Il feeling tra governo Conte e Confindustria non è dei migliori: il mondo produttivo ha ritenuto insufficienti le misure per rispondere all’emergenza economica. Un attrito che coinvolge anche i Giovani imprenditori: «Alcune forze di governo puntano alla disintermediazione e non prendono in considerazione il dialogo con gli organi intermedi. Non c’è disponibilità all’ascolto, in generale – sostiene Calearo -. Per quanto riguarda la nostra categoria, il problema è che i giovani sono meno numerosi dei babyboomer: ci prendono meno in considerazione perché pesiamo meno nei seggi elettorali. Allora i politici accontentano le esigenze di chi sta andando in pensione, dimenticandosi di chi la pensione la vedrà tra qualche decennio. E il sistema previdenziale diventa sempre più insostenibile».
Il ciclone Covid sul mondo del lavoro
Il lavoro – e non più il profitto degli imprenditori – sembra essere l’argomento cardine delle discussioni interne a Confindustria. D’altronde, nel primo trimestre di quest’anno, c’è stato un saldo negativo di 250 mila assunzioni rispetto allo stesso periodo del 2019. «È una situazione straordinaria dovuta all’emergenza Covid: per esempio in Veneto, dove c’è un volume d’affari enorme collegato al turismo, sono saltate tutte le assunzioni stagionali del settore». Qual è la ricetta di Calearo per fronteggiare l’emergenza occupazionale tra i giovani?
«La questione più urgente nel nostro Paese è la carenza di competenze. L’Italia ha già una media bassissima di laureati sul totale della popolazione. Di quei pochi laureati che ci sono, i più bravi tendono ad andare all’estero perché più pagati. Le aziende non ce la fanno a competere sotto il punto di vista retributivo rispetto ad altri Stati europei. Una delle cause è l’elevata tassazione del lavoro», spiega Calearo. Per l’imprenditore bisogna partire da una rivoluzione nel mondo della formazione.
Il mismatch educativo
«Chiamiamolo anche mancanza di corrispondenza tra le competenze acquisite e le richieste del mondo del lavoro – ribadisce Calearo -, ma il mismatch educativo è una piaga sociale». Per il candidato alla presidenza di Confindustria Giovani, scuole e università sono in gran parte disinteressate alle necessità delle aziende. «Le imprese dovrebbero poter partecipare alla definizione dei programmi di formazione, nell’ottica di renderla più tecnica. Culturalmente, le competenze pratiche sono considerate come formazione di Serie B, a differenza di quanto avviene in Germania con le scuole tecniche».
Implementare programmi di formazione per creare figure professionali più richieste sul mercato, genererebbe una ripresa dell’occupazione giovanile. Per Calearo, è assolutamente il primo step da compiere. «La priorità, anche per gli industriali, è la creazione di competenze in Italia. Ci vuole una revisione del paradigma della formazione, deve nascere una spinta culturale per la formazione tecnica: i giovani, che investono soldi e anni nella scuola e nell’università, devono avere un ritorno in termini di impiegabilità e di contributo che possono dare al sistema Paese».
Le priorità: donne under 35
Se chiedere più flessibilità in uscita dal mondo del lavoro e una riconsiderazione della propria pensione è più complicato, perché «si vanno ad intaccare diritti quesiti», per Calearo lo Stato dovrebbe mettere sul piatto più incentivi per l’assunzione di giovani laureati. «Anche le retribuzioni dei giovani vanno riviste al rialzo, ma per valorizzare finalmente le loro competenze bisogna che i politici facciano interventi di abbattimento del cuneo fiscale. Non riduzioni a pioggia, ma mirati su alcune categorie. Tra queste, è urgente agevolare un aumento di retribuzione per le donne under 35». Ed è una misura che potrebbe aiutare a limare una forte disparità: in Italia il tasso di impiego delle donne è del 49,5%, per gli uomini è del 68%.
Il vero limite per i giovani, oltre alla difficoltà di accesso al credito avendo contratti instabili e poco remunerativi – e l’acquisto di una casa diventa un’utopia procrastinata all’infinito -, è la difficoltà di mettere su famiglia. «Un figlio costa tantissimo e allargare la famiglia diventa finanziariamente insostenibile – sottolinea Calearo -. In Italia c’è un calo demografico importante che si traduce con sempre meno persone occupate e occupabili e, a chiusura del circolo, non ci sono lavoratori che sostengono il già gravoso sistema pensionistico. Come facciamo a mantenere un sistema di welfare se non si risolve questo problema dalla radice?».
Foto di copertina: Eugenio Calearo Ciman, candidato alla presidenza dei Giovani Imprenditori di Confindustria
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