Giancarlo Siani sognava di diventare un giornalista professionista. A 35 anni dall’omicidio la consegna del tesserino
Napoli, era il 23 settembre del 1985 quando Giancarlo Siani veniva ucciso dalla camorra ad appena 26 anni. Il motivo? La sua attività d’inchiesta, meticolosa, sulle pagine del Mattino di Napoli, che gli è costata la vita: aveva svelato la commistione tra la politica locale e la criminalità organizzata e soprattutto si era occupato degli appalti pubblici per la ricostruzione dell’Irpinia, dopo il terremoto del 1980. Ora, a distanza di 35 anni, Giancarlo Siani ha ottenuto quello che aveva sempre desiderato: il tesserino da professionista. A deciderlo sono stati l’Ordine nazionale dei Giornalisti e quello regionale, della Campania.
Siani era un giornalista pubblicista
«Tante volte avere il tesserino, che sia da pubblicista o da professionista, non fa di una persona un giornalista, nel senso che sovente ci si imbatte in pennivendoli sgrammaticati amanti del denaro e della notorietà facile. Essere giornalista è qualcosa di altro. È sentire l’ingiustizia del mondo sulla propria pelle, è schierarsi dalla parte della verità, è denuncia, è ricerca, è curiosità, è approfondimento, è sentirsi troppe volte ahimè spalle al muro, emarginato. Essere giornalista significa farsi amica la paura e continuare sulla propria strada perché raccontando si diventa scomodi a qualcuno» diceva lui.
L’Ordine dei giornalisti, che consegnerà il tesserino a settembre direttamente ai suoi familiari nel corso delle giornate in ricordo del giornalista ucciso dalla camorra, ha dichiarato di voler «valorizzare ulteriormente il grande impegno professionale di Giancarlo il cui lavoro è da tempo un simbolo per la nostra professione. Un simbolo per l’informazione corretta, pulita e libera da qualsiasi condizionamento».
Il ricordo di suo fratello Paolo
Paolo Siani, medico e deputato del Pd, si dice «commosso»: «Mi commuove perché credo che lui quel tesserino lo desiderasse davvero. Mi fa pensare perché l’Ordine dei Giornalisti sceglie da che parte stare. E ha scelto la parte più difficile, quella che non va in tv, che non urla ma che cerca le notizie, anche quelle più scomode». Quel tesserino «lo dedicheremo a tutti quei ragazzi che vogliono fare i giornalisti in territori difficili e a tutti quei giornalisti che, benché minacciati dalle mafie, continuano a fare il loro dovere e a informarci per la nostra libertà».
June 27, 2020
Foto in copertina da Twitter
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